PsyMed

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Studio Polispecialistico Area Psicologica e Medica a Roma Trastevere

Professionisti al servizio della tua salute!

PsyMed si trova nel cuore di Roma, nel noto e stupendo quartiere storico di Trastevere.

Per prenotare un incontro nello studio di Roma (Trastevere) è necessario compilare le domande che trovi a questo link. Le tue risposte saranno analizzate dai professionisti PsyMed e verrai contattato direttamente dal tuo consulente. Successivamente al primo incontro, verranno decisi i modi, tempi e termini di una eventuale presa in carico della tua richiesta.

Domenica, 18 Novembre 2018 22:33

L'ansia: tra normalità e patologia

Cos’è l’ansia

Nel momento in cui parliamo di ansia è necessario tener presente che ci troveremo di fronte ad una serie di manifestazioni fisiologiche e psichiche. È una condizione naturale di tensione che si manifesta con timore, apprensione e attesa inquieta, accompagnata spesso da una serie di correlati fisiologici: tremori, sudorazione eccessiva, palpitazioni, senso di affaticamento e difficoltà a respirare. Essa percuote la persona che la vive in tutta la sua unitarietà, creandole una serie di blocchi e difficoltà. Come ogni emozione, è caratterizzata da 3 componenti, una cognitiva, una somatica e una affettiva-emotiva.

-Punto di vista somatico: il corpo prepara l’intero organismo ad affrontare una minaccia (reazione d’emergenza, allarme rosso tutti i campanelli sono in funzione), si ha in questo caso una serie di aumenti come la pressione sanguigna, la frequenza cardiaca, incremento del flusso sanguigno verso specifici gruppi di muscoli e un’intensificazione del sistema immunitario e digestivo pronti a combattere la minaccia. A livello comportamentale si notano atteggiamenti volontari e non, che in pratica sono diretti alla fuga e all’evitamento della situazione.

-Punto di vista cognitivo: l’aspettativa di un pericolo crea incertezza proporzionata al nostro modo di percepirci, i nostri ideali, valori, i nostri apprendimenti e condizionamenti.

-Punto di vista emotivo: senso di terrore, panico e blocco che non permette al soggetto di valutare correttamente la realtà, e quindi di individuare in quella situazione delle possibili alternative.

L’ansia è uno stato complesso in cui il soggetto vive una situazione di penosa aspettativa di pericolo imminente, vissuta in una condizione di completa impotenza, senza che vi sia un oggetto reale a provocarla.

Spesso si fa una sorta di confusione tra paura e ansia, entrambi sono segnali di allarme ma con alcune differenze. La distinzione potrebbe essere difficile, generalmente si dice che la paura si manifesta in risposta ad una minaccia che è conosciuta, esterna e definita. Mentre invece l’ansia nasce di fronte ad una minaccia sconosciuta, interna, vaga e in origine conflittuale, che proviene dal proprio mondo interno configurando quindi galassie differenti da persona a persona.

Come già abbiamo detto, essa è una manifestazione naturale dell’essere umano (anche perché, nascendo in risposta ad uno stimolo percepito come minaccioso, ha una indubbia funzione adattiva) e colpisce quindi tutti, sebbene a livelli diversi. Le forme patologiche sono strettamente legate alle gradazioni delle sue manifestazioni, quindi ad una specifica struttura di personalità, che può provocare delle sensazioni molto forti, riducendo non solo la socialità del soggetto ma anche le sue prestazioni lavorative, sportive e in alcuni casi se non è ben contenuta anche portare azioni suicidarie.

 I disturbi d’ansia possono avere diverse configurazioni cliniche. I quadri più frequenti sono:

  • disturbo d’ansia generalizzato;
  • disturbo di panico;
  • disturbo fobico;
  • disturbo ossessivo/compulsivo;
  • disturbo post traumatico da stress.

La psicoterapia dinamica e la sua utilità nella cura dell’ansia

La Psicoterapia Psicodinamica, in base alle sue caratteristiche di lavoro sull’inconscio e sullo svelamento, può essere adatta per fronteggiare i disturbi d’ansia. Infatti andando a sintetizzare i suoi cardini possiamo spiegare come essa è una terapia che oscilla tra due poli opposti, un movimento continuo tra la terapia espressiva e quella supportiva: la terapia espressiva è l’analisi delle difese e lo svelamento del materiale dinamicamente rimosso nell’inconscio; la terapia supportiva/contenitiva è orientata a reprimere un conflitto inconscio rafforzando le proprie difese. L’obiettivo principale è quello di favorire in modo graduale, delle intuizioni o l’acquisizione di una migliore comprensione, ovvero il famoso insight, intesa come la capacità di capire le origini e i significati inconsci dei propri sintomi e del proprio comportamento. L’effetto curativo è costituito dall’integrazione derivante dalla consapevolezza di questi contenuti, che si manifesteranno successivamente attraverso nuove forme di approcciarsi alle situazioni di vita, si apprenderà inoltre a dare un senso migliore a se stesso e, al mondo esterno.

Un secondo assunto fondamentale della terapia psicodinamica è il transfert, ovvero il diretto collegamento tra il mondo interno dell’individuo e ciò che egli esprime nella relazione con gli altri, ma anche la correlazione tra rapporti interpersonali attuali e passati. Il transfert riguarda soprattutto la naturale tendenza a rivolgere sulle persone che ci circondano impulsi e fantasie del nostro passato così come le difese e le resistenze sono messe in atto per arginarli. In altre parole in analisi si riattiva la dimensione edipica del paziente, dove il terapeuta assume il ruolo di uno o entrambi i genitori. Le disposizioni di transfert più strettamente correlate ai problemi attuali del paziente costituiscono il focus dello sforzo interpretativo. È importante in questo caso, che il terapeuta non assuma un approccio colpevolizzante nell’interpretazione del transfert, tenendo anche presente che non tutte le osservazioni del paziente sono delle distorsioni.

È da notare inoltre come uno degli elementi nello sviluppo dell’ansia e delle sue configurazioni in disturbi e quadri specifici, sia la crescita di soggetti che vivono o hanno vissuto uno stile parentale percepito come iperprotettivo e rifiutante, e la presenza di psicopatologia nei genitori, in particolare depressione e fobia sociale. Una possibile interpretazione di questi dati è che i bambini che arrivano a sviluppare evidenti disturbi d’ansia sono esposti a genitori maggiormente ansiosi, i quali possono comunicare ai figli la sensazione che il mondo sia un luogo pericoloso. La relazione tra disturbo d’ansia nei genitori e l’inibizione comportamentale nel bambino appare inoltre mediata da alti livelli di emozioni espresse, in particolare una eccessiva tendenza materna alla critica, che portano a un aumento del rischio di psicopatologia.

Il lavoro di cura per i soggetti che soffrono dei disturbi d’ansia rivela la presenza di alcune relazioni oggettuali caratteristiche. In particolare, come già abbiamo accennato sopra, questi soggetti hanno interiorizzato rappresentazioni genitoriali che inducono vergogna o umiliazione, critica, ridicolizzazione, umiliazione e abbandonando (Gabbard, 1992). Questi introietti si stabiliscono precocemente nella vita e vengono poi ripetutamente proiettati in persone dell’ambiente che vengono quindi evitate (attraverso i fenomeni di transfert). Anche ammettendo che tali individui possono essere geneticamente predisposti a percepire gli altri come minacciosi, esperienze positive possono correggere significativamente questi effetti, ed è questo l’obiettivo centrale della terapia. Poiché l’analisi, come dovrebbe essere ogni contesto di cura, è uno spazio protetto dove il soggetto può riuscire a valutare non solo il suo modo di vivere il presente e le sue situazioni ansiogene, comprendendo il suo passato, dando un senso alla sua esperienza, ma anche sperimentare in modo creativo e unico le proprie potenzialità e quindi nuove modalità di percepirsi e di affrontarsi. L’analisi potrebbe essere associata ad una sorta di palestra, o di allenamento costante per rafforzare se stessi e il proprio esame di realtà.  

Per qualsiasi domanda o specificazione potete contattarmi telefonicamente a questo numero tel 3288116638, o magari inviarmi una vostra risposta via email a questo indirizzo: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Buon lavoro Paolo.

La visita dal Nutrizionista

Il primo incontro con il nutrizionista, il cui fine è quello di eseguire una completa valutazione del soggetto per poi poter stilare un piano alimentare personalizzato, ha una durata complessiva di circa 60 minuti, che sono strutturati nei seguenti momenti: 

  • un'anamnesi alimentare del soggetto, che mira a stimare il suo introito calorico, le sue abitudini alimentari e il suo stile di vita;
  • un'anamnesi ponderale, ovvero una raccolta di informazione sulla storia del peso del paziente nel corso della sua vita e anche su eventuali approcci dietetici pregressi;
  • un'anamnesi patologica del paziente, ossia una valutazione sull'eventuale presenza di patologie e un'indagine familiare, al fine di individuare,qualora siano presenti, patologie ereditarie e cercare ove possibile di prevenirle con l'alimentazione;
  • una valutazione dello stato nutrizionale, attraverso il rilevamento di misure antropometriche quali peso, altezza, circonferenze corporeree e del grasso sottocutaneo attraverso plicometria;
  • stima del metabolismo basale e del fabbisogno energetico giornaliero;
  • discussione sugli obiettivi che il paziente intende raggiungere e su eventuali indicazioni fornite al fine di impostare un programma alimentare che sia il più possibile sostenibile dal paziente in base alle sue esigenze di vita e lavorative.

 

Cosa portare alla prima visita dal nutrizionista?

È consigliabile portare con sé al primo incontro:

  • una copia delle analisi del sangue, possibilmente recenti;
  • referto di diagnosi di patologie accertate eventualmente presenti.

 

La consegna del piano alimentare: come e quando avverrà

La consegna del Piano Nutrizionale Personalizzato avviene dopo pochi giorni dalla prima visita e potrà essere consegnato a mano in un secondo incontro del tutto gratuito nella quale il nutrizionista analizzerà il piano con il paziente e gli fornirà tutte le indicazioni necessarie per poter iniziare il nuovo percorso alimentare.

Inoltre viene messa a disposizione per chi lo ritenesse più comodo l'invio via email del piano nutrizionale e tutte le indicazioni necessarie a cui potrà seguire anche una chiamata da parte del paziente in caso di ulteriori dubbi.

 

I controlli : durata, frequenza e la loro importanza nel percorso nutrizionale

I controlli  hanno una durata complessiva che va dai 30 ai 40 minuti, mentre la loro frequenza viene stabilita dal nutrizionista in base al caso in esame ed esigenze e richieste del paziente.

Ad ogni controllo verrà analizzato l'andamento del percorso nutrizionale del paziente attraverso la valutazione delle sue misure antropometriche (peso, circonferenze e pliche corporee) ed in base ai risultati ottenuti il nutrizionista valuterà se necessario apportare modifiche o continuare sulla stessa linea di azione.

Inoltre la regolarità degli incontri con il nutrizionista è di fondamentale importanza per chi intraprende un nuovo percorso alimentare in quanto non solo fornirà al paziente un valido supporto pratico con dei consigli e suggerimenti che lo aiuteranno ad affrontare al meglio la quotidianità, ma gli verrà garantito anche un valido sostegno psicologico, dandogli la giusta carica e motivazione.

 

A chi è rivolta la figura del nutrizionista?

  • Soggetti in stato di malnutrizione per difetto e per eccesso (sottopeso, sovrappeso e obesità);
  • Soggetti con disturbi del comportamento alimentare (anoressia, bulimia...);
  • Soggetti in stato patologico (condizioni di ipertensione, ipercolesterolemia, ipertrigliceridemia, disturbi gastro-intestinali.....);
  • Soggetti in stato fisiologico con parametri metabolici alterati;
  • Soggeti con intolleranze o allergie accertate o che presentino solo dei sintomi che possano far presumere una delle due condizioni;
  • Sportivi per potenziare al massimo le loro prestazioni;
  • Bambini e ragazzi in fase prepuberale e puberale per garantire loro un corretto sviluppo ;
  • Donne in stato interessante per garantire la salute di loro stesse e del futuro nascituro;

Nutrizionista a Roma Trastevere

Come nutrizionista all'interno del centro Psymed a Roma, fornisco anche ricette, consigli nutrizionali e una costante assistenza telefonica (chiamate e servizio whatsapp). 

Inoltre un personale invito ad un semplice consulto va a tutti, anche coloro che non rientrano in queste categorie, in quanto lo scopo del nutrizionista non è solo quello di risolvere problematiche ma soprattutto é quello di prevenirle insegnando a fare scelte consapevoli e salutari puntando così al raggiungimento di uno stato di benessere psico-fisico.

Clicca qui per prenotare la tua visita con la Nutrizionista Dott.ssa Carolina Cecere, presso il suo studio di Roma Trastevere o chiama il 338 23 17 920

Il fiume modella le sponde e le sponde guidano ilfiume”
(Gregory Bateson)

PSICOTERAPIA SISTEMICO RELAZIONALE

“Dr.ssa, ma lei è junghiana o freudiana?!”, è questo l’incipit con cui spesso chi si rivolge al mio studio di Roma cerca di orientarsi, quando non conosce già il mio approccio e modo di lavorare in stanza di terapia. “In realtà, nessuno dei due...” - sono solita rispondere, con un sorriso che apre la strada al coming-out sul mio approccio teorico di riferimento... ?-  ”…sono sistemico-relazionale!”. Segue solitamente silenzio e uno sguardo tra il perplesso e l’incuriosito. Nell’immaginario collettivo, infatti, complice tanta filmografia sull’argomento, esiste principalmente la psicoanalisi di Freud (con tanto di lettino) o la psicologia analitica del suo allievo Jung. Tutto il resto è, per differenza, “psicoterapia non psicoanalitica”. In realtà, le cose non stanno affatto così. Nel tempo si sono andati costruendo e sperimentando numerosi e differenti modelli teorici e di prassi clinica, alcuni dei quali trovano rappresentanza nei professionisti che operano nel centro PsyMed.

Per quanto riguarda l’approccio sistemico-relazionale, che orienta i miei interventi terapeutici (e non di meno quelli formativi), si tratta di un modello che ha già una consolidata storia alle proprie spalle.

 

ORIGINI E CARATTERISTICHE DELL’APPROCCIO SISTEMICO-RELAZIONALE

Questo modello si sviluppò a partire dagli anni ‘50 negli Stati Uniti, grazie al lavoro dell’antropologo statunitense Gregory Bateson (uno dei primi a teorizzare il concetto di soggetto contestuale) e al contributo di altri studiosi (il famoso “gruppo di Palo Alto”) che iniziarono a interessarsi all’osservazione delle famiglie e dei modelli comunicativi che regolano l’interazione dei suoi membri, applicando i concetti della teoria dei sistemi e della cibernetica. Ne derivarono una serie di “assiomi della comunicazione” e idee che permettono di leggere le situazioni problematiche portate non solo dalle famiglie, ma anche dai gruppi in generale, dalle coppie e dai singoli e di intervenire per produrre un cambiamento.

In Italia questo modello si iniziò a diffonde negli anni ‘80, periodo in cui venne utilizzato nei servizi pubblici, in particolare nel trattamento dei disturbi alimentari e delle tossicodipendenze. Successivamente divenne risorsa a disposizione anche di tanti psicoterapeuti che operano privatamente e adoperato con target di utenza sempre più ampi.

Alcune idee di base che orientano l’agire sistemico:

  • I processi mentali non sono parte di una essenza interna, bensì vengono costruiti nell’interazione: l’essere umano non ha bisogno degli altri solo per vivere, crescere e riprodursi, ma anche per pensare e costruire i suoi processi mentali.
  • Il contesto dà significato ai comportamenti, che vanno quindi “inseriti” nella complessità relazionale in cui si manifestano e mantengono.
  • Il sintomo o disagio “del” singolo è in realtà sempre rappresentativo di uno stato di malessere relazionale presente nel contesto in cui si manifesta (es.: coppia, famiglia, classe) e a cui bisogna quindi estendere lo sguardo e, quando possibile, anche l’intervento.
  • Ogni individuo è portatore di una storia, personale e familiare, costruita su peculiari modelli di comunicazione e interazione.

 

La terapia viene dunque definita “sistemica”, perché il malessere della persona viene visto non come problema strettamente individuale, bensì come espressione di disagio di uno dei sistemi di appartenenza (famiglia, coppia, lavoro, amici). Mentre il termine “relazionale” fa riferimento alla considerazione dell’identità individuale come risultato delle dinamiche e delle esperienze relazionali del soggetto nel corso della sua vita.

 

GLI EVENTI CRITICI E IL CAMBIAMENTO

Generalmente chi si rivolge al mio studio di Psicologa a Roma, lo fa in un momento in cui un equilibrio precedente si è incrinato portando a situazioni di sofferenza o disagio, quali: emozioni spiacevoli o dolorose pervasive, malessere o blocco nelle relazioni, confusione. Il disagio, sia esso francamente sintomatico o meno, solitamente insorge in concomitanza o a seguito di cambiamenti che, per essere affrontati in modo evolutivo e quindi non sintomatico, richiedono un’adeguata riorganizzazione, sia a livello individuale che familiare. Sono i cosiddetti eventi critici del ciclo evolutivo della famiglia: matrimonio, nascita del primo figlio, adolescenza, uscita di casa dei figli, separazione, pensionamento, licenziamenti, trasferimenti, malattie, lutti, etc.

Il corrispettivo nel contesto del sistema-scuola potrebbe essere: cambi nella dirigenza, pensionamento degli insegnanti, ingresso di nuovi alunni ad anno scolastico avviato, etc.

Quando questi passaggi non portano con sé quella riorganizzazione necessaria a progredire nel ciclo vitale che segna il percorso di crescita di ogni individuo e sistema, insorgono dei sintomi che possono essere di vario tipo: depressione, ansia, attacchi di panico, disturbi del comportamento alimentare, elevata conflittualità (per esempio di coppia), violenza domestica, difficoltà scolastiche, aggressività incontrollata, etc.

 

L’APPROCCIO SISTEMICO RELAZIONALE IN PSICOTERAPIA

Le persone che arrivano in terapia utilizzano spesso modelli comunicativi e relazionali disfunzionali e ripetitivi e sono portatori di una storia raccontata in modo rigido e a volte “povero”.

L'intervento terapeutico, attraverso un processo di co-costruzione tra terapeuta ed individuo/famiglia e partendo dall’osservazione delle modalità disfunzionali, mira a modificarle, stimolando le risorse familiari e rafforzando sia il funzionamento individuale che quello familiare.

La storia viene “ri-narrata” all’interno del percorso terapeutico, alla ricerca di significati nuovi (a partire dal significato del sintomo portato: quale messaggio comunicativo veicola e quale funzione svolge quindi nel sistema di appartenenza?) che sblocchino il percorso evolutivo, restituendo alle tre dimensioni temporali di passato, presente e futuro un miglior equilibrio.

Nella pratica clinica questo vuol dire dare spazio alla storia (della persona, della coppia e della famiglia), ma anche al “qui ed ora” delle relazioni, lavorando sulle connessioni presenti tra questi due livelli.

Tentando una estrema sintesi e generalizzazione, potrei dire che l’obiettivo dei miei interventi (siano essi clinici o formativi) è di aiutare le persone a mobilitare le proprie risorse per:

  • vivere in modo più sano, sereno e ricco le proprie relazioni (di coppia, familiari, di lavoro)
  • liberarsi, quando possibile, dal sintomo portato
  • proporsi in modo pro-attivo ed efficace nei propri contesti (es: insegnati con classi/bambini “difficili”)
  • trovare nuovi equilibri all’interno di organizzazioni familiari cambiate (es: separazione coniugale, uscita di casa dei figli)

In altre parole, l’obiettivo ultimo è consentire al sistema e ai suoi membri di riprendere il percorso evolutivo bloccato, progredire nella propria storia, grazie al “traghettamento” offerto dalla terapia.

PSICOLOGO SISTEMICO-RELAZIONALE A ROMA

Vuoi darmi qualche feedback sull’articolo o hai bisogno di qualche chiarimento? Desideri informazioni su un possibile percorso terapeutico a Roma o per prenotare un appuntamento con la Dott.ssa Laura Dominijanni?

Contattami, sarò lieta di risponderti!

Le problematiche legate al rapporto con il cibo sono in costante crescita in tutto l’occidente da molto tempo. Sempre più persone presentano difficoltà e sofferenze legate al comportamento alimentare ed è molto diffuso l’utilizzo del cibo come forma consolatoria e apparentemente antidepressiva. In realtà, chi soffre di disturbi del comportamento alimentare, indipendentemente dalla gravità, presenta anche difficoltà legate alle oscillazioni di peso, alle diete che iniziano con le migliori intenzioni e finiscono in modo fallimentare, alla messa in atto di condotte restrittive o di compensazione, oltre ad un cattivo rapporto con la propria immagine e l’autostima. Oltre ai disturbi più conosciuti, come l’anoressia, la bulimia o l’obesità, si diffondono sempre di più disagi meno evidenti ma non per questo meno frustranti e angoscianti per chi li vive.

Il processo di cura e di trasformazione del rapporto con il cibo non è semplice e richiede tempo, pazienza, fiducia e impegno personale. Tutte queste risorse sono in genere molto scarse, soprattutto per le modalità attraverso le quali è organizzata la nostra vita quotidiana nel mondo attuale. Tuttavia, qualsiasi processo volto a modificare in modo apprezzabile un comportamento di dipendenza, ha successo solo a fronte di un coinvolgimento autentico. Molti studi e la pratica clinica hanno riscontrato che la cura delle problematiche con il cibo e con l’immagine corporea trae particolare beneficio dal sostegno e dalla terapia in gruppo. Il gruppo terapeutico, infatti, aiuta le persone a motivarsi reciprocamente e riduce o elimina il timore del giudizio e del biasimo. Oltre a ciò, l’attività di gruppo permette di accogliere e sostenere i partecipanti e rappresenta un fattore di stabilità per persone che, in genere, presentano forti oscillazioni umorali e motivazionali.

Negli spazi di Psymed a Roma Trastevere, sono attualmente attivi 2 gruppi dedicati alle problematiche con il cibo e l’alimentazione (ogni mercoledì dalle 15 alle 17 e dalle 19 alle 21). Sono inoltre in partenza altri 2 gruppi: il lunedì dalle 11 alle 13 e il martedì dalle 21 alle 23. Tutti i gruppi sono condotti dal dott. Fabio Meloni, psicologo psicoterapeuta perfezionato in disturbi del comportamento alimentare.

L’inserimento nei gruppi è possibile solo dopo un colloquio individuale gratuito. Per maggiori informazioni, visita questo link.

Martedì, 02 Ottobre 2018 17:11

S.O.S. Bullismo

Se è vero che con la riapertura della scuola genitori e insegnanti possono trovarsi di fronte a qualche (ci si augura piacevole o utile!) novità, è altrettanto vero che, ahimè, con grande probabilità dovranno riprendere in mano "vecchie questioni”, tra cui il famigerato bullismo. Ecco allora che ci si chiede “che fare?!”: sento spesso gli insegnanti dire di desiderare una mano per evitare che il fenomeno prenda piede nelle proprie classi o per disinnescare una dinamica già avviata, così come i genitori preoccupati che il proprio figlio possa esserne vittima. A tal proposito, è interessante notare come difficilmente si guardi al proprio figlio immaginandolo possibile autore di bullismo…La funzione di protezione sembra mettere in ombra a volte quella educativa, entrambe in realtà fondamentali nella cura e crescita dei bambini. Eppure, come vedremo in seguito, il bullo ha un suo “profilo” e attraverso gli atti di prevaricazione esprime dei bisogni e un disagio che vanno adeguatamente letti per intervenire efficacemente, a vantaggio di tutti. Ma andiamo con ordine, partendo dall’inquadramento e descrizione del fenomeno.

Origine, (con)cause e caratteristiche del fenomeno del bullismo

Innanzitutto, nonostante se ne faccia un gran parlare negli ultimi anni, c’è da dire che il bullismo non è un fenomeno recente: non è facile stabilire da quanto tempo esista esattamente, certo è che ha assunto una sua identità e quindi riconoscibilità già a partire dagli anni ’70, grazie agli studi pionieristici di Olweus, arrivando poi all’attenzione degli studiosi italiani a fine anni ’90.

Come in ogni fenomeno complesso, non è possibile individuare un’unica e definita causa del bullismo secondo l’ormai obsoleto modello lineare, al contrario sono individuabili diverse variabili che giocano il ruolo di concausa all’interno di un modello appunto multifattoriale e circolare. Tra gli elementi di “fragilità psico-sociale” che possono giocare appunto un ruolo nel sostenere oggi il fenomeno, segnalerei il sempre maggiore spazio dato alle logiche di potere nei diversi contesti sociali e l’indebolimento della funzione educativa della scuola e della famiglia. Il contesto tra pari diventa allora il terreno in cui giocare in modo aggressivo alcuni bisogni disattesi. Altro fattore di rischio (tanto per il bullo quanto per la vittima), può essere crescere in un ambiente dove c’è violenza domestica, ossia esposti a un modello relazionale regolato sul (abuso di) potere, con dinamiche vittima-carnefice.

Internet, poi, come sappiamo può essere un’ulteriore e pericolosa arma a portata di mano: il cyberbullismo si serve dell’anonimato e della vetrina virtuale per colpire in modo subdolo e doloroso la vittima, diffamarla, escluderla: si lancia la pietra e si nasconde la mano (dietro un profilo virtuale, appunto), si “lapida” la persona con la convinzione/scusante che non sarà quella singola pietra a ucciderla e invece… Dobbiamo purtroppo fare i conti con questa nuova e insidiosa forma di bullismo che va ad affiancarsi a quello diretto (con aggressioni fisiche o verbali) e a quello indiretto (pettegolezzi ed esclusione, agite nei contesti scolastici).

 

Il bullo e la sua vittima: come riconoscerli?

Per quanto riguarda le vittime di bullismo, si tratta solitamente di ragazzi ansiosi, insicuri, con scarsa autostima, isolati in classe. A volte sono portatori di una “differenza” che li rende in un certo senso più facilmente attaccabili (per esempio: omosessualità, sovrappeso, scarse abilità sociali o intellettive, stile non alla moda).

Come sappiamo, capita spesso che insegnanti e genitori non si accorgano di quanto accade quasi sotto il proprio naso...perchè?! Beh, diciamo che riconoscere la vittima di bullismo può non essere semplice ad un primo sguardo in quanto (ed è questo ciò su cui fa leva il bullo e che mantiene attivo il circuito), vinta dal senso di vergogna e dalla paura tenderà a nascondere le vessazioni subite. Può essere utile allora prestare attenzione ad altri segnali, sebbene aspecifici: bambini e adolescenti comunicano  molto attraverso il canale non verbale (comportamenti e corpo) piuttosto che con le parole, per cui potrebbero comparire insoliti atteggiamenti di ritiro, somatizzazioni, disturbi nelle condotte alimentari.

Per quanto riguarda invece l’autore di bullismo, c’è da dire che l’immagine del bullo con bassa autostima e contesto familiare di provenienza problematico è stata smentita da studi più recenti: è in genere un ragazzo con elevata autostima, bassa tolleranza alle frustrazioni, spesso viziato dai genitori. Attraverso il suo comportamento aggressivo, il bullo esprime il proprio bisogno di potere e dominio sugli altri: è alla ricerca di popolarità, rispetto e consenso nel gruppo. In altre parole, si sente un leader, ma non lo è affatto, poiché gli mancano le caratteristiche base per esercitare una vera e sana leadership: empatia, capacità di coinvolgimento e valorizzazione degli altri, senso della comunità. Il suo comportamento sembra pertanto parlare di una fragilità (intesa come “mancanza di”), ma non di insicurezza.

Mi sembra interessante segnalare, inoltre, che non è da escludere il viraggio da vittima a bullo: in alcuni casi, cioè, un ragazzo bullizzato diventa successivamente bullo, per via di un processo psicologico noto come “identificazione con l’aggressore”, cosa che gli permette anche una difesa da future aggressioni.

Altro elemento interessante: non sembrano esistere grandi differenze tra maschi e femmine in termini di incidenza del fenomeno, bensì solo nelle modalità. Poichè l’aggressività femminile tende ad esprimersi prevalentemente attraverso comportamenti verbali, le bulle puntano a danneggiare la vittima nelle sue relazioni sociali attraverso l’isolamento, il pettegolezzo, la critica. Ma alcuni recenti fatti di cronaca, sembrano dire che alla regola c’è l’eccezione, o forse addirittura una nuova realtà: anche le ragazze possono esercitare il cosiddetto bullismo diretto, con violenza fisica. 

 

Che fare? Indicazioni per genitori e insegnanti.

Vediamo tre indicazioni che, esplorando per così dire il problema da monte a valle, possono aiutare a gestirlo:

  • Fare prevenzione nelle scuole

La si può fare sia attraverso laboratori e progetti a tema (che possano offrire sostegno e formazione agli insegnanti, ma anche lavorare con i ragazzi) sia a più ampio spettro facendo educazione emozionale, utilizzando metodi educativi cooperativi ed empatici. La figura dello psicologo è una preziosa risorsa nella progettazione e/o coordinamento di queste attività.

  • Non sottovalutare episodi di violenza o scherno

A volte, sia i genitori che gli insegnanti possono essere tentati di leggere come “semplice ragazzata” qualcosa che merita invece una diversa attenzione, mentre è importante intervenire precocemente per evitare che si strutturi una vera e propria dinamica di bullismo. 

  • Assunzione di responsabilità e diretto intervento

Nel momento in cui gli atti di bullismo vengono a galla è importante che siano riconosciuti come tali e che ci sia una risposta sinergica e coerente da parte di genitori e insegnanti. Negare o sminuire l’accaduto, è assai dannoso. I bambini, e ancor di più gli adolescenti, hanno bisogno di adulti responsabili e di riferimento, capaci di “tenere” e rispondere ai propri comportamenti aggressivi o di sofferenza, se necessario proteggere e guidare. L’adulto delegante o spaventato non solo non aiuta i ragazzi nel loro percorso di crescita ma li danneggia.

 

Il contributo della psicologia e della psicoterapia

Come abbiamo già accennato, la psicologia ha diversi strumenti da mettere in campo nella prevenzione del bullismo, nonché nel sostegno dei diversi attori coinvolti nel fenomeno: la scuola, le famiglie e i ragazzi ne hanno tanto bisogno!

Ci sono poi gli strumenti di cura propri della psicoterapia, che possono essere rivolti a:

  • VITTIMA

la psicoterapia può offrirle uno spazio di ascolto e accoglienza del disagio utile a trovare la forza per uscire dal ruolo passivo che alimenta il circuito. Spesso arrivano in terapia giovani adulti che hanno subito segretamente atti di bullismo durante gli anni scolastici, in questo caso la narrazione e revisione della propria storia può aiutare ad elaborare i propri vissuti dolorosi e a trovare chiavi di volta per uscire da situazioni di analoga passività nel presente. 

  • BULLO

E’raro che il bullo arrivi in terapia nel periodo scolastico, forte del suo “successo” tra i pari. Può accadere invece dopo, quando, finita la scuola, la sua popolarità sfuma e lo stigma sociale per le condotte aggressive diventa più forte. Il lavoro si concentrerà sulle sue abilità sociali, autostima etc.

  • GENITORI

Non di rado mi capita di avere in terapia dei genitori di ragazzi bulli o bullizzati: in questo caso lavoro a sostenere la loro spesso fragile capacità di corretto e pronto intervento nei confronti dei figli.

 

Vuoi darmi qualche feedback o avere chiarimenti sull'argomento? Contattami, sarò felice di risponderti.

 

Settembre è arrivato e con lui, spesso, la “crisi da rientro” e i noti buoni propositi!...

Ben consapevoli di ciò, i professionisti del nostro centro polispecialistico PsyMed a Roma, hanno deciso di rendersi disponibili per un’intera settimana di open-day. In altre parole, da lunedì 24 a sabato 29 settembre avrai la possibilità di prenotare una consulenza gratuita, scegliendo tra psicologo, nutrizionista e osteopata.

Le sfere di competenza e intervento dei collaboratori PsyMed coprono diverse tipologie di richiesta e ogni fascia d’età: trattamenti osteopatici per una utenza che va dal neonato all'anziano, passando attraverso la donna in gravidanza o lo sportivo; screening e riabilitazione delle funzioni cognitive (per minori con DSA o anziani con demenza); consulenze di psicologia giuridica; percorsi di psicoterapia individuale (per adulti o bambini), di coppia o di gruppo; piani dietetici personalizzati in situazioni patologiche o fisiologiche (dallo sportivo, al vegano, al diabetico, alla donna in gravidanza).

Dunque consulta il calendario della locandina e contattaci per prenotare subito la tua consulenza gratuita e avere l’occasione di conoscere da vicino il nostro centro e i diversi servizi offerti: dopo la pausa estiva, riprendi con il piede giusto!

Per info e prenotazioni: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. / 06.56569013 o inviaci un messaggio tramite l'area contattaci

 

Open day: Psicologo, Osteopata e Nutrizionista a Roma

Il concetto di adattabilità è spesso frainteso e utilizzato in modo approssimativo poco riconosciuto nella sua veste di significato.

Molte volte lo troviamo messo li, insieme ad esempio ad altri concetti come quello di crisi, per dare spiegazioni generiche e pluralistiche in differenti ambiti come: nei contesti sociali, psicologici, in quelli medici ecc,. In questo modo però, si tende ad allargare o restringere sempre di più i suoi confini, nell’ottica delle intenzioni e motivazioni umane, smarrendo cosi la chiave originaria che è di tipo filogenetica. Il concetto di adattabilità deriva da quello di adattamento inteso come un accomodamento, ciò che si trova utile in una relazione, ciò che diviene comodo per le parti in relazione.

Tra i primi a considerare i termini di adattamento e adattabilità c'è il famoso naturalista francese Jane Baptiste de Lamarck (1744-1929) che fornì la prova che gli organismi avevano subito, col passare del tempo, delle modificazioni e nel 1809, in un libro dal titolo “Philosophie zoologiche”, affermò che gli organismi si erano evoluti in risposta al loro ambiente. Evolvere significa passare da una forma ad un’altra e Lamarck fu il primo a suggerire il concetto di evoluzione per gli esseri viventi. Tutti gli esseri viventi osservava Lamarck, presentano dei sorprendenti adattamenti all’ambiente, con una perfetta corrispondenza fra le forme degli organismi e il compito o funzioni da essi svolto. Nell’ipotesi avanzata dal naturalista francese per esempio l’allungamento del collo della giraffa, come qualsiasi altro adattamento, è prodotto da una tendenza al miglioramento, propria dell’organismo una vera e propria spinta interna, in relazione alle caratteristiche specifiche di quel contesto ambientale e relazione. Infatti gli animali, nei quali non è sorta questa spinta interna sono rimasti a pascolare l’erba e hanno dato origine ad altre specie di erbivori, quali potrebbero essere gli antilopi, che hanno sviluppato altre caratteristiche per la sopravvivenza (la corsa). Invece altre specie che hanno vissuto una condizione di addomesticamento, quindi un condizionamento esterno, non hanno sviluppato altre caratteristiche funzionali alla loro sopravvivenza (es. le pecore). Da notare come nel mondo passato l’adattamento e il miglioramento è principalmente di tipo fisico e poi psichico.

 

Patologia e benessere

Oggi giorno è difficile definire cos’è la malattia e cos’è la patologia. Per esempio, l’Organizzazione Mondiale della Sanità orienta le sue definizioni sui concetti di salute e benessere, cercando di raggrupparli in un insieme di più definizioni, che possono ampliare e saturare i due costrutti. Concordando su questa linea di pensiero e, utilizzando una chiave di lettura psicodinamica, un modello per cui ogni evento non nasce dal nulla ma dallo scontro e incontro di relazioni e dinamiche tra le parti, possiamo vedere come i concetti di salute e benessere, come quello di patologia e malattia siano tra di loro interconnessi, ed esprimono in modo diverso, più o meno, i livelli di comprensione e ascolto sia del proprio corpo che delle proprio mondo interno. Mondo interno purtroppo accantonato, poco considerato a vantaggio invece di un mondo rigido legato alle abitudini. L’abitudine e la consuetudine di vedere e vedersi sempre nello stesso modo, ci porta a non effettuare un adeguato esame della realtà, favorendo in questo caso la rigidità delle relazioni e di ruoli, che spesso non sono più funzionali e adattivi. L’Organizzazione Mondiale della Sanità del 1948, ha definito la salute come: uno stato di completo benessere fisico, sociale e mentale, e non soltanto l’essenza di malattia o di infermità. La salute in quest’ottica viene considerata non tanto una condizione astratta, quanto un mezzo finalizzato ad un obiettivo che, in termini operativi, si può considerare una risorsa che permette alle persone di condurre una vita produttiva sul piano individuale, sociale ed economico. La salute è una risorsa per la vita quotidiana e non lo scopo dell’esistenza. Si tratta di un concetto positivo che valorizza le risorse sociali e personali, oltre alle capacità fisiche.

Negli anni 70 circa lo psicoanalista francese Bergert, costruisce un'interessante definizione di patologia, considerando la malattia come una sorta di scompenso nella vita della persona: scompenso o perdita di un equilibrio, che genera diverse conseguenze (malattie e sindromi) in relazione alla specifica struttura di personalità. Le malattie come le sindromi sono fattori precipitanti nella vita di un essere umano e si riferiscono a due aspetti: uno di tipo genetico ereditario; l’altro invece ad un insieme di aspetti legati e ancorati al nostro modo di vivere, al nostro stile di vita, quindi al modo con cui noi percepiamo il mondo, gli altri e come affrontiamo i conflitti. La maggioranza di noi prende poco sul serio il proprio sentire, il benessere (spesso associato al denaro e alla possibilità di avere), ma la salute non è un qualcosa che si può comprare o a cui accedere attraverso buoni punti. Il nostro corpo è ancora in gran parte sconosciuto, è un organismo perfetto che si è evoluto e si sta ancora evolvendo nel suo cammino.
Da notare come nel momento in cui si parla di benessere non possiamo fare a meno di ricordare la scarsa qualità e la cattiva educazione nelle nostre diete, in ciò che mangiamo, imbrigliate nelle logiche consumistiche dove qualità e vero risparmio non sono i loro veri punti di forza. Non dimenticando poi, la cattiva qualità dell’aria che respiriamo nelle nostre città, sempre più grandi,
sempre più trafficate, sempre più cemento rispetto al verde e alla possibilità di godere dell’ombra di un bell’albero.

 

L’adattamento come utilità.

Nel nostro presente globalizzato, robotizzato e ricco soprattutto di necessita superflue non dobbiamo direttamente confrontarci con la natura e le sue forze, non dobbiamo più sforzarci ad allungare il collo per prendere la mela in cima all'albero. La genialità della specie umana è riuscita ad andare oltre, purtroppo però, con un notevole dispendio di energie e vite, l’essere umano è riuscito a manipolare in gran parte la natura e se stesso, perdendosi. Siamo arrivati al punto che gli aspetti naturali a cui noi ci dobbiamo abituare e confrontare sono veramente minimi, rispetto a quelli sociali legati in particolar modo al sovraffolamento e, a quelli culturali che sono tipici delle specifiche culture che le hanno definite e inventate nel corso del tempo. In modo, forse, un poco estremo intendo dire che oggi ci confrontiamo nella maggiore parte dei casi con aspetti culturali e affettivo-relazionali. L’adattabilità, ovvero ciò che ci è utile e comodo all’interno di una relazione, i nostri modi di fare e di essere, i famosi vantaggi delle malattie e delle sindromi, e le forme più patologiche, quelle che presentano un maggior dispendio energetico, maggiori strascichi affettivi risultano essere la risultante di un prodotto che tende a disconoscere le reali potenzialità della persona.

C’è una sorta di propensione alla non riflessione, alla non reale percezione dei propri bisogni e quindi delle proprie emozioni, soprattutto alla loro espressione, continuamente accantonate come fondi di investimento per improvvise esplosioni violente, rabbiose o inaspettati comportamenti impulsivi, inattese ritirate, nascondendoci in questo caso, dietro le nostre ansie e le angosce di non essere all’altezza dei pregiudiziosi ideali. Siamo centrifugati e centripedati nei vortici degli aspetti socialmente costruiti, dimenticandoci e allontanandoci dalle nostre potenzialità, la difficoltà di porsi una domanda, la successiva risposta limitata a ciò che ci è strettamente utile e accomodante, la complessità e oscurità nel capire quali bisogni soddisfare, quali invece, stiamo nascondendo. Il nostro modo di porci, il nostro adattamento e la nostra personalità è continuamente espressa attraverso i nostri modi fare e di essere in relazione, non possiamo nasconderci poi cosi tanto, né da noi stessi né tanto meno degli altri.

Ognuno di noi occupa un preciso spazio nel nostro sistema o meglio nel nostro pianeta. Le ansie, angosce, le depressioni, la scarsa autostima, le dipendenze, e tutte quel ventaglio di emozioni negative come l’invidia, la vergogna, l’odio, le manipolazioni, le menzogne sono aspetti o parti che sono trasversali e cioè, fanno parte dei nostri adattamenti e condizionamenti, che vengono vissuti da tutti in momenti diversi e specifici della vita. Poi, sta a noi decidere quando è il tempo e il momento per capirli e superarli. Le patologie psichiche sono legate strettamente alla persona (e alla struttura di personalità) che nasce e si adatta (ovvero costruisce degli accomodamenti specifici che verranno traslati in tutte le future relazioni) in uno specifico contesto comunicativo e quindi relazionale affettivo. Purtroppo Madre Natura ci ha fornito il materiale ma siamo noi stessi ad utilizzarlo. Spesso rimango colpito (anche se noto una leggera inversione di tendenza) ancora oggi, come si pensi che il bambino e l’infante non siano in grado di capire e comprendere. Trascurando come la capacità di comprensione sia legata principalmente al livello evolutivo e, secondo, alla caratteristiche dello stimolo, quindi alla gestione e al filtro dell’adulto. Le problematiche si innescano nella relazione con l’adulto o il genitore che per non volontà, per semplicità o per propri limiti e bisogni, tende continuamente a mascherare parti di realtà, innescando in questo modo precisi adattamenti. L’importante meccanismo studiato dalla Klein dell’ identificazione proiettiva, che si innesca da subito, nelle prime fasi della relazione adulto bambino: dare senso e significato all’esperienza del piccolo, in base a ciò che si è compreso, o meglio a ciò che si è interiorizzato, che possa successivamente fare da ponte al piccolo alla sua percezione dei propri bisogni e dell’esame della realtà.

Il punto di partenza sarebbe la domanda “come mai non l’ho pensato prima, oppure perché non ritengo necessario spiegarlo o farlo, e per quale motivo?" Le risposte sono le più dure da accettare e metabolizzare perché vanno ad attaccare i nostri limiti e i nostri adattamenti, in pratica i mezzi o quello che fin a quel momento abbiamo utilizzato e imparato per confrontarci: mettono in discussione la nostra famiglia, il nostro gruppo di origine dove siamo nati e cresciuti, esempio “i miei facevano sempre cosi, oppure io sono cosi ecc.ecc”. Partendo dal presupposto che non c’è un opposto del comportamento, la non volontà deve essere necessariamente vista come la manifestazione di volontà di non fare, di non dire, di non capire e di non spiegare. E se non ho la forza e il sentimento o la spinta a non capire e a non fare, vuol dire che l’adattabilità è fortemente predominante e più vantaggiosa nella soddisfazioni dei bisogni.

 

I miglioramenti nell’adattamento.

Sempre nel nostro presente veloce, vorace e famelico prevalgano moltissime soluzione per le proprie difficoltà e problematiche. Le possibilità sono molte e tutte possono essere adeguate alla persona e ai suoi bisogni rilevati in quei momenti. Anche l’uso dei farmaci potrebbe essere una iniziale soluzione, anche perché le sostanze possono in tal caso essere un sostegno, anche molto valido, presentando però delle controindicazioni, ma il vero aiuto è sempre legato allo sforzo della persona di capirsi, conoscersi e affrontare e accettare i propri condizionamenti. In poche parole: non c’è miglior medico di se stesso. In questo caso l’analisi e le psicoterapie hanno come obiettivo quello di riportare la persona al centro di sé, di divenire capitani e comandanti del nostro corpo e delle nostre intenzioni, quindi facilitare, migliorare e innescare un processo di conoscenza e di cura della propria persona.

Senza andare oltre perché ci sarebbe da scrivere e scrivere, possiamo dire come le scienze psicologiche e l’avvento della psicoanalisi e le sue riflessioni, hanno portato la configurazione di numerose scuole e corretti di pensiero, le quali hanno dato un notevole contributo sulla conoscenza dell’essere umano, in particolar modo nella sua adattabilità (ciò che ci è utile e comodo) nella parti in relazione. Riconoscendo diversi e importanti contributi scientifici, ne voglio sottolineare uno, quello della scuola di Palo Alto: l’importanza della comunicazione e i suoi assiomi; i significati e i ruoli tra le parti, gli aspetti socialmente costruiti “la cultura”. Per essere più chiari, un individuo forma la sua personalità all’interno di un continuo contesto comunicativo, attraverso il quale impara a soddisfare i propri bisogni, quindi cresce all’interno di un piccolo gruppo con il quale si confronta con concetti e preconcetti formati da altri gruppi.

Dopo questo lungo preambolo, forse noioso, ma secondo me indispensabile per poter comprendere la prospettiva e la mia cornice di riferimento, il vero punto di partenza utile a questa riflessione scritta è semplicemente una domanda…: tutti noi ci tendiamo ad adattare all’esame di realtà più o meno, (e abbiamo visto come l’adattamento porta una sorta di accomodamento, di utilità all’interno di una relazione in altre parole una sorta di equilibrio attraverso cui la persona riesce a soddisfare i suoi bisogni), ma perché alcuni adattamenti sono più funzionali rispetto ad altri? E perché il nostro modo è diverso da quello di un altro?!
Queste potrebbero essere delle domande a cui si potrebbe rispondere insieme..

Per qualsiasi domanda o specificazione potete contattarmi telefonicamente a questo numero tel 3288116638, o magari inviarmi una vostra risposta via email a questo indirizzo: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Buon lavoro Paolo.

Il solito caffé…. No, un altro che parla di ansia!…. Sì, un altro professionista che ci descrive qualcosa che altri prima di lui hanno elaborato ma che principalmente si vive. Per poter capire un fenomeno è necessario conoscerlo, rifletterci sopra; quindi capire la sua natura, i momenti in cui agisce, gli effetti fisiologici-comportamentali e in fine le conseguenze. C’è da dire però, come nei nostri contesti sociali, veloci e superficiali, sia facile confonderci e soprattutto etichettare situazioni o condizioni importanti, dare senso alle nostre esperienze sia corporee sia mentali, confondendoci.

 

Cos'è l'ansia?

Definizione di ansia: condizione di tensione che si manifesta con timore, apprensione, attesa inquieta e, spesso, con una serie di correlati fisiologici come tremori, sudorazione eccessiva, palpitazioni, senso di affaticamento e difficoltà a respirare. È caratterizzata da 3 componenti una cognitiva, una somatica e una affettiva emotiva.
Punto di vista somatico: il corpo prepara l’intero organismo ad affrontare una minaccia (reazione d’emergenza, allarme rosso tutti i campanelli sono funzione), si ha in questo caso una serie di aumenti come la pressione sanguigna, la frequenza cardiaca, incremento del flusso sanguigno verso specifici gruppi di muscoli e un'intensificazione del sistema immunitario e digestivo pronto a combattere la minaccia. Al livello comportamentale si notano atteggiamenti volontari e non, che in pratica sono diretti alla fuga e/o all’evitamento della situazione.

 

L'ansia dal punto di vista cognitivo ed emotivo

Punto di vista cognitivo: aspettative di un pericolo, incertezza che è direttamente collegata con il nostro modo di percepirci, i nostri ideali, valori, apprendimenti e condizionamenti.
Punto di vista emotivo: senso di terrore, panico e blocco che non permette al soggetto di valutare correttamente la realtà, e quindi di individuare in quella situazione delle possibili alternative.
La comunità scientifica è del parere che tutti vivono il sentimento e la sensazione di ansia, ma non a tutti risulta essere patologico. Prima di valutare l’ansia come patologia è opportuno conoscerla come si fa con una persona nuova che si ha di fronte. Partire dal fatto che essa è una manifestazione degli esseri viventi, in particolare dei mammiferi, specie nell’essere umano incastrato nei condizionamenti e apprendimenti sociali. Purtroppo quest’ultimi hanno una grande incidenza sulle nostre aperture e allarmismi. Una buona terapia sull’ansia parte principalmente dal riconoscere i propri sentimenti/emozioni, successivamente valutare i diversi significati e aspettative che tendiamo ad attribuire al mondo esterno. Quindi anche in questo caso tutto ha inizio con un lavoro o una presa in carico su ciò che pensiamo noi, quello che viviamo e perché lo vogliamo vivere in quel mondo invece di un altro. A livello analitico l’ansia parte da uno stimolo “segnale” intorno al quale si struttura un conflitto, caratterizzato da pulsioni e affetti che vorrebbero essere soddisfatti ma che sono contrastati dai meccanismi di difesa dell’Io, quelli che in parte ci permettono un più o meno adeguato adattamento al mondo esterno. In questo caso le emozioni o gli aspetti pulsionali vengono vissuti come proibitivi e ritenuti pericolosi, minacciano il nostro modo di essere adattivi. In una terapia ad indirizzo psicoanalitico, si lavora all’analisi delle difese che il soggetto ha costruito nel corso della sua esistenza o del suo adattamento, a rendere manifesto ciò che del sé è stato rimosso o represso. L’ansia è un segnale che viene avvertito dall’Io, che crea delle sensazioni di allarmismo e pericolo.

 

L'ansia in ottica psichiatrica e dinamica

In un ottica psichiatrica e dinamica, l’ansia è uno stato naturale che si presenta trasversalmente in tutte le strutture di personalità, ovviamente con incidenze, livelli e condizioni differenti a seconda dei casi. Diventa patologica nel momento in cui compromette o blocca il normale svolgimento delle nostre funzioni. Non sempre poi, questo allarmismo è proprio cosi negativo: teniamo presente che questo sentimento si è evoluto nel corso del tempo dell’uomo e ci ha permesso anche la sopravvivenza. Infatti, alcune volte è il motore necessario per poter partire, affrontare e capire quali sono le nostre difficoltà che si riferiscono sempre alla relazione di due grossi insiemi di significati: da una parte il mondo interno (le nostre interiorizzazioni e aspettative) e la realtà esterna proiettata, e dall’altra parte l’esame di realtà. Nelle forme più patologiche essa si presenta insieme ad altre manifestazioni e condizione psichiche gravi che tendono ovviamente a bloccare il normale svolgimento delle funzioni.

 

Come superare l'ansia

Ci sono vari modo per superare e accettare questa condizione umana, secondo il mio personale parere ci sono diverse strade che si possono intraprendere, sono però tutte in relazione alla capacità del soggetto di poter riflettere personalmente sulle proprie emozione e sui propri stati corporei. Dal mio punto di vista una buona analisi con la sua disciplina, può essere un valido aiuto per iniziare un nuovo modo di vedersi e percepirsi, quindi aprirsi all’esperienza e a vivere in modo diverso le nostre parti più conflittuali riducendo cosi i nostri allarmismi, per imparare a vivere sereni.


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Buon lavoro Paolo.

Sabato, 20 Agosto 2016 15:03

Consulenza nutrizionale

Perché richiedere una consulenza nutrizionale?

Ogni "paziente" dovrebbe avere con il proprio nutrizionista un rapporto di cordialità e fiducia. Perchè il trattamento dietetico abbia veramente effetto è necessario avere una certa complicità e fiducia con il nutrizionista, il quale dovrebbe discutere assieme alla persona i problemi che l'hanno spinta verso un trattamento dietetico e le possibili soluzioni, al fine di intervenire nel modo più corretto senza troppo gravare sulle abitudini alimentari e lo stile di vita della persona.

E' quindi importante instaurare un vero e proprio rapporto umano, fondato sulla stima e la fiducia reciproci: il "paziente" deve credere nelle capacità del proprio nutrizionista ed impegnarsi seriamente nel seguire le indicazioni che gli vengono fornite, dall'altra parte, il nutrizionista deve coinvolgere attivamente il soggetto nella stesura di una dieta mirata e personale, credendo nella volontà di seguirla dello stesso, e nel suo impegno per ottenere risultati concreti.

E' con quest'ottica che effettuo le mie consulenze nutrizionali, come se il trattamento fosse un percorso da intraprendere assieme al cliente, passo dopo passo, verso la soluzione dei problemi che l'hanno spinto a rivolgersi a me.

 

Come è organizzata La consulenza nutrizionale

Colloquio e raccolta dati generici

La prima fase della consulenza in cui parlo con la persona, per conoscerla, capire il motivo per il quale intende seguire una dieta ed esaminare i motivi che l'hanno spinta a chiedere un aiuto al nutrizionista. Durante il colloquio avviene una prima raccolta di dati utili alla stesura del piano dietetico, riguardanti sia le abitudini alimentari che lo stile di vita della persona.

 

Misurazioni antropometriche e rilievi bioimpedenziometrici

In questa fase effettuo misurazioni in termini di: peso, statura, circonferenze e pliche corporee. Le misurazioni vengono effettuate a contatto con la pelle per non introdurre errori e sovrastime, date dagli indumenti, per questo è gradito che il soggetto indossi un abbigliamento intimo adeguato al tipo di visita che andrò ad effettuare. Il test bioimpedenziometrico viene effettuato attraverso l'uso di un bioimpedenziometro che permette di calcolare la composizione corporea in termini di massa grassa, la massa magra, muscolatura, acqua corporea e massa ossea. Sia la misurazione antropotmetrica che il rilievo bioimpedenziomentrico sono necessari per stimare lo stato di nutrizione della persona e per svolgere i calcoli dei fabbisogni energetici, al fine di poter elaborare una dieta ottimale e specifica per ognuno.

 

Anamnesi alimentare e stima fabbisogni energetici

L'anamnesi alimentare è un'indagine che mi permette di conoscere le abitudini alimentari del soggetto sia attuali che passate, le eventuali terapie nutrizionali pregresse, i suoi gusti ed il generale stile di vita che conduce. Già in questa fase posso consigliare alla persona eventuali cambiamenti che sarebbe salutare adottare, sia a tavola che, in generale, nella vita di tutti i giorni. Il passo successivo è la stima del fabbisogno energetico della persona. Questo avviene indagando sulle attività quotidiane che il soggetto svolge, come lavoro, sport, hobbies ed interessi, e rapportando il tutto alle misurazioni antropometriche e bioimpedenziometriche precedentemente effettuate. In questo modo posso sviluppare un programma dietetico che sia il più vicino possibile alle abitudini ed alle esigenze del soggetto, senza perdere di vista gli obiettivi che, insieme, ci siamo prefissati di raggiungere.

 

Discussione del problema alimentare e delle possibili soluzioni

Una parte importante della consulenza nutrizionale in quanto, insieme alla persona, si discute il problema che l'ha spinta verso il percorso dietetico ed, una volta inquadrato chiaramente il "problema", concordiamo insieme le soluzioni che più si adattano al caso.

 

Sulla base di tutti i dati ed informazioni ricavati dalla consulenza, verrà compilato un piano dietetico che sia il più possibile vicino alle abitudini alimentari del soggetto, in modo che sia più facilmente sostenibile, pur mirando ad ottenere i risultati concordati, nei tempi adeguati al caso.

Le vacanze estive sono ormai alle porte ma tanti di noi si chiedono: “cosa posso fare per non riprendere i chili persi con tanto sacrificio magari proprio in vista della prova costume?”

Innanzitutto è bene ricordare che in vacanza la parola d'ordine è relax, fisico ma soprattutto psichico, quindi porsi la domanda è giusto ma non deve diventare un problema che spinge ad adottare un regime ipocalorico anche durante questi pochi giorni dell'anno e a non godersi quel meritato riposo.

Allo stesso tempo però dobbiamo avere tanto buon senso evitando 'abbuffate' alimentari con pasti supercalorici che provocherebbero senso di gonfiore, pesantezza e a lungo andare la ripresa di tutti i chili persi e al successivo senso di colpa per non essere riusciti a controllare la tentazione verso certi cibi.

Per evitare tutto ciò, vi proponfo alcuni semplici suggerimenti per mantenere la propria forma fisica ed equilibrio psicologico durante le vacanze estive.

 

COME EVITARE DI INGRASSARE IN VACANZA

Dieta in montagna: mangiare in maniera giusta ed essere in forma anche in alta quota

Per chi avesse optato nella scelta di una vacanza in montagna in cui la parola chiave è escursione, beh diciamo che è tanto avvantaggiato in quanto il suo fabbisogno energetico si mantiene alto o addirittura va ad aumentare. In questo caso il consiglio è di modificare la propria dieta e di fare delle scelte alimentari in base alle attività fisica programmata. Iniziare la giornata con la giusta carica ed energia senza appesantirvi troppo se evete in programma di fare una lunga escursione poche ore più tardi, quindi prediligete una colazione con una quota di carboidrati e proteine, mantendendo bassi i grassi che aumenterebbero di gran lunga i tempi di digestione compromettendo l'attività in programma. Potete optare per fette di pane tostato con affettati magri come fesa di tacchino o bresaola o con fomaggi freschi leggeri e abbinare frutta fresca o un buon succo di frutta.
Vi suggerisco di sostenervi durante l'attività con acqua o ancor meglio bevande, come succhi di frutta per evitare un calo di minerali ed energie.
Al termine dell'attività fisica reintegrate le vostre scorte di glicogeno con un piatto di pasta o riso con verdure e sosotenete i vostri muscoli abbinando una buona quota proteica. Questo momento di ricarica può coincidere con il pranzo o con la cena, se l'attività è programmata al pomeriggio adottate il suggerimento che vi ho dato per la colazione anche per il pranzo.

 

Dieta all'interno del villaggio turistico: di tutto un pò ma con moderazione

Per chi avesse scelto invece una vacanza in un villaggio turistico o in un hotel, beh qui è davvero dura resistere alla tentazione di quei grandi e stracolmi buffet.
In questo caso il consiglio principale che posso darvi è di non limitarvi, di assaggiare tutto, ma quello a cui dovete fare attenzione sono le quantità; quindi ricordate tutto ma poco!
A colazione optate per dei prodotti locali del posto, per una colazione alternativa, magari salata con pane tostato integrale, uova e frutta fresca ed evitate il classico cornetto e cappuccino, così facendo lascerete più margine di calorie che potrete assumere nell'arco della giornata e in questo modo potrete limitarvi meno sia a pranzo che a cena.
Inoltre fate in modo che uno dei due pasti, il pranzo o la cena sia meno ricco dell'altro, ad esempio se volete concedervi una cena in cui non volete rinunciare a nulla e godervela senza pressione, a pranzo magari optate per un'insalata, un estratto di frutta e verdura o una premuta di frutta, in modo da creare una condizione di semindigiuno, così da non eccedere con le calorie totali giornaliere, ma soprattutto per “depurare e detossificate” l'organismo.

 

Dieta in città d'arte: colazione abbondante e frutta fresca

Infine, per tutti quelli che hanno programmato una vacanza culturale, tra monumenti e musei, il consiglio è di fare una colazione molto ricca abbinando carboidrati, grassi e proteine magari scegliendo un buon yogurt greco con muesli e frutta fresca o del pane integrale con affettati magri e un succo di frutta.
A pranzo fate attenzione soprattutto a non esagerare con carboidrati e grassi, anzi manteneteli bassi così da evitare senso di pesantezza che vi comporterebbe sonnolenza non permettendovi di essere attivi per i programmi pomerdiani.
Il suggerimento è, quindi, quello di preferire proteine derivanti ad esempio da pesce o carne e una porzione di verdura e di prediligere i carboidrati la sera che aiuteranno a coinciliare il sonno per un sano riposo.
Inoltre, preferite sempre la cucina locale che vi offre una qualità del cibo migliore con la possibilità di prodotti a chilometro zero. Evitate, invece, i fastfood che vi offrono piatti espressi ad un costo ridotto, ma che sono anche ipercalorici e non salutari.
Durante l'arco della giornata non dimenticate mai di bere e di reintegrare la perdita dei minerali con succhi e centrifughe di frutta e verdura o, perché no, un bel gelato.

 

DIETA ESTIVA: COME MANTENERSI IN FORMA IN VACANZA

Pochi semplici mosse per godervi la vostra estate! Ricordatevi che la dieta è da intendersi come uno stile di vita e alimentare corretto che ci consente di mantenere il peso forma e uno stato di salute ottimale. Per questo motivo è importante non vivere il periodo di ferie o di vacanza come un momento in cui mangiare tutto ciò di cui si privati durante la dieta.

Se stai seguendo una dieta ricordati che è importante, al termine delle ferie, confrontarti con il tuo nutrizionista, in modo da fare il punto della situazione e riprendere subito le redini del tuo percorso!

Se invece il rientro dalle ferie ti ha spronato a metterti a dieta o desiderate ricevere una consulenza di un Nutrizionista per individuare il miglior piano alimentare che si adatti alle vostre esigenze, rivolgetevi ai nutrizionisti di PsyMed Roma così da essere sicuri di ricevere i giusti consigli.. e il relax è assicurato!

 

 

 

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