L’Alimentazione dello Sportivo: tra Energia, Performance e Salute

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L'alimentazione sportiva

L’alimentazione sportiva è un pilastro fondamentale per chi conduce uno stile di vita attivo, collocandosi al crocevia tra energia e performance ottimali e la tutela della salute. Un atleta, sia esso amatoriale o competitivo, non può affidarsi al caso per nutrire il proprio corpo: ciò che mangia influisce direttamente sulla capacità di allenarsi efficacemente, migliorare la performance e recuperare, oltre che sul mantenimento della salute nello sport e nel lungo termine. Diversi studi recenti confermano che una dieta adeguata al tipo di attività fisica praticata migliora i risultati atletici e riduce i rischi di infortunio (Thomas et al., 2016; Smith et al., 2023). In questo articolo analizzeremo come la nutrizione possa essere adattata in base all’intensità e alla durata dell’esercizio, al tipo di sport praticato e al periodo della stagione sportiva, esaminando i principi nutritivi chiave (macronutrienti, micronutrienti, idratazione) e il ruolo del timing nutrizionale. Infine, discuteremo dell’importanza di alimentazione e attività fisica per la salute globale e prenderemo in considerazione alcune integrazioni alimentari evidenziando le situazioni in cui possono essere utili, sempre sulla base delle più recenti evidenze scientifiche.

Fabbisogni di macro e micronutrienti in base allo sport praticato

Ogni sportivo deve soddisfare requisiti nutrizionali specifici, che variano in base alla disciplina praticata, all’intensità e alla durata dell’esercizio. I macronutrienti – carboidrati, proteine e grassi – forniscono energia e materiali di costruzione per l’organismo, mentre i micronutrienti – come vitamine e minerali – supportano innumerevoli processi biochimici ed erano essenziali per il metabolismo energetico cellulare. Una caratteristica fondamentale dell’alimentazione sportiva efficace è il giusto equilibrio tra questi nutrienti, tarato sulle esigenze dell’atleta (Burke et al., 2018). Ad esempio, un corridore di maratona che si allena molte ore la settimana avrà un fabbisogno elevato di carboidrati per mantenere pieni i depositi di glicogeno muscolare, la “benzina” primaria per sforzi prolungati ad intensità medio-alta (Cermak & van Loon, 2013). Al contrario, un sollevatore di pesi o un velocista, impegnati in sforzi brevi e molto intensi, daranno priorità a un apporto proteico superiore per favorire la riparazione e la crescita muscolare, pur senza trascurare i carboidrati che restano importanti anche in sport di potenza per sostenere i picchi di energia e performance (Phillips et al., 2014).

Diversi studi dimostrano come la ripartizione dei macronutrienti debba adattarsi al tipo di esercizio. Nelle discipline di endurance (resistenza) come corsa di fondo, ciclismo o nuoto di lunga distanza, è raccomandato che i carboidrati costituiscano la quota prevalente dell’energia giornaliera (dal 55% fino al 65-70% in periodi di carico intenso) per sostenere l’elevato dispendio energetico e prevenire l’esaurimento precoce delle riserve di glicogeno (Burke et al., 2019). In questi atleti di endurance, l’apporto di carboidrati può raggiungere e superare 7-10 grammi per kg di peso corporeo nei giorni di allenamento più intenso (Thomas et al., 2016). Al contempo, il fabbisogno proteico pur essendo moderatamente aumentato rispetto a una persona sedentaria (indicativamente 1,2-1,6 g/kg), rimane inferiore a quello necessario in sport di forza, e serve principalmente a riparare i micro-danni muscolari causati dall’esercizio prolungato e a sostenere le funzioni enzimatiche (Phillips et al., 2016). Negli sport di potenza e forza come sollevamento pesi, sprint, gare di salto o bodybuilding, i muscoli sono sottoposti a sforzi esplosivi e intensi: qui le proteine diventano il macronutriente di spicco per supportare la sintesi proteica muscolare e l’adattamento allo sforzo. Si consigliano apporti proteici maggiori (anche 1,6-2,2 g/kg al dì, secondo l’intensità dell’allenamento) per massimizzare l’ipertrofia e favorire il recupero (Jäger et al., 2017). In queste discipline di potenza i carboidrati restano comunque importanti per fornire energia rapida durante gli allenamenti anaerobici e consentire lavori esplosivi ripetuti, ma spesso costituiscono una percentuale leggermente inferiore della dieta rispetto agli sport di endurance (ad esempio 45-55% delle calorie). I grassi, infine, rappresentano una fonte energetica concentrata e indispensabile per l’atleta: in genere dovrebbero coprire circa il 20-30% dell’apporto calorico in qualunque disciplina (Thomas et al., 2016). Negli sport di durata molto prolungata, l’organismo attinge gradualmente in misura crescente ai grassi come carburante, specialmente a intensità medio-basse; inoltre i grassi alimentari forniscono acidi grassi essenziali come gli omega-3 (importanti per le membrane cellulari e l’azione antinfiammatoria) e servono per assorbire vitamine liposolubili cruciali per la salute.

Parallelamente ai macronutrienti, i micronutrienti svolgono un ruolo chiave nel supportare la performance e il benessere dell’atleta. Vitamine e minerali non apportano calorie, ma senza di essi il corpo non potrebbe convertire in modo efficiente i carboidrati, i grassi e le proteine in energia utilizzabile né mantenere l’omeostasi durante l’attività fisica intensa. Ad esempio, le vitamine del gruppo B (B1, B2, B3, B6, B12) sono cofattori essenziali nelle vie metaboliche che portano alla produzione di ATP, la molecola energetica utilizzata dai muscoli durante la contrazione: una dieta povera di vitamine B può compromettere la capacità di energia e performance ottimali, causando affaticamento precoce (Woolf & Manore, 2006). Minerali come il ferro e il calcio sono particolarmente critici per chi pratica sport. Il ferro, componente fondamentale dell’emoglobina nel sangue e della mioglobina nei muscoli, consente il trasporto dell’ossigeno alle cellule: livelli inadeguati di ferro (ad esempio in caso di anemia da carenza di ferro) riducono significativamente la resistenza e la capacità di lavoro muscolare, e sono una problematica comune tra gli atleti di endurance, specialmente donne (Sim et al., 2019). Il calcio, insieme alla vitamina D, è essenziale per la salute dell’apparato scheletrico e per la contrazione muscolare; negli atleti sottoposti a stress osseo ripetitivo (come i corridori) un insufficiente apporto di calcio e vitamina D può predisporre a fratture da stress e infortuni (Lappe et al., 2017). Altri micronutrienti chiave includono il magnesio (cofattore in reazioni energetiche e nella trasmissione neuromuscolare), il potassio e il sodio (elettroliti che regolano l’equilibrio idrico, la funzione muscolare e nervosa, fondamentali per mantenere l’idratazione e prevenire crampi durante lo sforzo). Un atleta deve quindi curare un apporto adeguato di frutta, verdura, cereali integrali e altri alimenti ricchi di vitamine e minerali, eventualmente valutando – sotto supervisione professionale – integrazioni mirate se vengono riscontrate carenze specifiche.

Timing nutrizionale: energia prima, durante e dopo l’allenamento

Non è solo la qualità e la quantità dei nutrienti a influenzare la performance sportiva: il momento in cui vengono assunti gioca un ruolo cruciale nel massimizzare l’energia disponibile, sostenere la performance e favorire il recupero. Il concetto di timing nutrizionale si riferisce alla distribuzione strategica dell’introito di carboidrati, proteine, grassi e liquidi nei periodi pre-, intra- e post-allenamento, con l’obiettivo di ottimizzare gli adattamenti all’esercizio e ridurre i tempi di recupero (Kerksick et al., 2017).

Prima dell’esercizio, l’obiettivo principale dell’alimentazione è garantire all’organismo un’adeguata riserva di energia ed evitare sensazioni di fame o discomfort gastrointestinale durante lo sforzo. Il pasto pre-allenamento andrebbe consumato nelle 2-3 ore precedenti l’attività e dovrebbe essere composto prevalentemente da carboidrati a medio-basso indice glicemico (per fornire energia graduale e costante), da una quota moderata di proteine facilmente digeribili e da pochi grassi e fibre, che rallenterebbero troppo la digestione (Burke et al., 2019). Un esempio può essere un pasto leggero a base di riso o pasta con un condimento leggero e una fonte proteica magra, oppure yogurt con cereali e frutta. Studi scientifici hanno evidenziato che consumare carboidrati prima dell’attività aumenta la disponibilità di glucosio nel sangue e nei muscoli, migliorando la capacità di esercizio soprattutto nelle prove di endurance prolungate (Smith et al., 2020). Inoltre, introdurre una piccola quantità di proteine pre-allenamento può favorire l’anabolismo muscolare già durante l’esercizio e attenuare il catabolismo, cioè la demolizione delle proteine muscolari indotta dallo sforzo (Hackney et al., 2020).

Durante l’esercizio, le strategie nutrizionali dipendono molto dalla durata e dall’intensità dell’allenamento o gara. In attività brevi (fino a 60 minuti) e di intensità moderata, la priorità è mantenere una buona idratazione: è consigliabile bere acqua a piccoli sorsi, iniziando prima di avvertire lo stimolo della sete, perché anche una lieve disidratazione (ad esempio del 2% del peso corporeo) può ridurre la performance cognitiva e fisica (Cheuvront & Kenefick, 2017). In sforzi prolungati oltre l’ora, specie se a intensità elevata o in ambienti caldi, l’organismo beneficia anche dell’apporto di carboidrati e elettroliti durante l’attività. Le linee guida suggeriscono un consumo di circa 30-60 grammi di carboidrati all’ora per esercizi di durata 1-2 ore (ad esempio bevande sportive contenenti maltodestrine o gel energetici), quantità che può salire fino a 90 g/ora in eventi ultra-endurance di molte ore, sempre associando un’adeguata quota di liquidi (Thomas et al., 2016). L’assunzione di carboidrati durante l’esercizio aiuta a mantenere stabili la glicemia e l’ossidazione di glucosio da parte dei muscoli, ritardando l’insorgere della fatica e sostenendo la performance prolungata (Cox et al., 2010). Non meno importante, reintegrare il sodio e altri elettroliti persi con il sudore durante lo sforzo intenso (specialmente in condizioni di caldo) previene squilibri idro-elettrolitici che potrebbero causare crampi, cali di pressione o colpi di calore. In attività molto brevi e intense (ad esempio uno sprint di pochi minuti o una sessione di sollevamento pesi sotto l’ora) invece, di solito non è necessario introdurre nutrienti durante lo sforzo, ad eccezione dell’acqua: l’organismo utilizza le riserve energetiche già disponibili (glicogeno muscolare e epatico) e qualsiasi pasto durante l’attività sarebbe pratico solo se l’intervallo di tempo lo consente (come nelle pause di sport di squadra di lunga durata, ad esempio una partita di calcio durante l’intervallo).

Il post-allenamento rappresenta una finestra temporale cruciale per il recupero: nei 30-60 minuti successivi alla fine dell’attività fisica, i muscoli sono particolarmente ricettivi nell’assorbire nutrienti utili a ripristinare le riserve energetiche e a riparare i tessuti. In questa fase è consigliabile assumere una combinazione di carboidrati e proteine di rapido assorbimento. I carboidrati ad alto indice glicemico favoriscono la sintesi di glicogeno, rifornendo i muscoli del carburante speso; le proteine forniscono aminoacidi necessari a ricostruire le fibre muscolari e stimolano la sintesi proteica, processo alla base dell’adattamento e del rafforzamento muscolare (Ivy et al., 2017). La ricerca mostra che consumare ~20-30 g di proteine di alta qualità (contenenti tutti gli aminoacidi essenziali, ad esempio proteine del siero del latte, uova o una combinazione di cereali e legumi per i vegetariani) insieme a una fonte di carboidrati entro un’ora dall’allenamento migliora significativamente il recupero e favorisce gli adattamenti positivi dell’allenamento, rispetto a rinviare troppo l’assunzione di nutrienti (Aragon & Schoenfeld, 2013; Morton et al., 2018). Inoltre, reintegrare i liquidi persi è fondamentale: per ogni chilogrammo di peso perso durante l’esercizio (misurato pesandosi prima e dopo), è raccomandabile bere circa 1,2-1,5 litri di acqua o bevande con sali minerali nel post-allenamento, così da compensare le perdite idriche e favorire una reidratazione completa (McDermott et al., 2017). Un adeguato refuel post esercizio non solo rigenera le scorte energetiche e costruisce nuovo tessuto muscolare, ma contribuisce anche a ridurre il rischio di infortuni e sovrallenamento: atleti che trascurano il recupero nutrizionale presentano più frequentemente problemi muscolari, cali delle difese immunitarie e sindromi da affaticamento (Nieman & Wentz, 2019).

Nutrienti ed energia: il ruolo di carboidrati, proteine, grassi, micronutrienti e idratazione

Dopo aver esaminato il quando nutrirsi, è importante approfondire il cosa mangiare: ogni categoria di nutrienti svolge funzioni specifiche a supporto dell’energia, della performance e della salute dell’atleta. I carboidrati, come già evidenziato, rappresentano la fonte energetica più immediata. Durante l’esercizio, il glucosio derivato dai carboidrati alimentari e il glicogeno immagazzinato nel fegato e nei muscoli vengono ossidati nelle cellule muscolari tramite la glicolisi e il ciclo di Krebs, processi metabolici che producono ATP, la molecola che fornisce energia immediata alla contrazione muscolare. Una disponibilità insufficiente di carboidrati può portare all’esaurimento del glicogeno e alla comparsa del classico “calo di energia” o bonking, con drastico peggioramento della performance (Coyle, 2004). Pertanto, per l’atleta medio si raccomanda che una porzione significativa delle calorie derivi da carboidrati complessi di buona qualità – cereali integrali, patate, riso, pasta, frutta – modulandone la quantità in base al volume di allenamento giornaliero (Thomas et al., 2016).

Le proteine sono i mattoni costitutivi dei tessuti, in particolare dei muscoli, e svolgono un ruolo chiave nel recupero e nell’adattamento all’allenamento. Gli aminoacidi che le compongono partecipano anche a molti processi enzimatici e ormonali. Durante l’attività di forza o in allenamenti intensi, si verificano microlesioni delle fibre muscolari che l’organismo ripara e rinforza durante il recupero grazie alla sintesi di nuove proteine muscolari: affinché ciò avvenga, è necessario un apporto sufficiente di aminoacidi essenziali tramite la dieta (Phillips et al., 2016). Inoltre, un adeguato consumo proteico aiuta a prevenire la perdita di massa magra nei periodi di allenamento intenso o di restrizione calorica. Fonti proteiche di alta qualità includono carni magre, pesce, uova, latticini, legumi e derivati della soia; gli sportivi dovrebbero distribuirle nell’arco della giornata, includendo una dose di proteine in ogni pasto principale e in eventuali spuntini post-allenamento (Morton et al., 2018). Va sottolineato che oltre una certa soglia (circa 2,2 g/kg di peso, salvo casi particolari) l’eccesso proteico non porta benefici ulteriori alla sintesi muscolare e rischia anzi di sovraccaricare inutilmente i reni e il fegato con i prodotti di scarto del metabolismo aminoacidico (Phillips et al., 2016). L’equilibrio è quindi fondamentale.

I grassi alimentari, spesso temuti ingiustamente, sono in realtà indispensabili per lo sportivo tanto quanto per la popolazione generale. Essi forniscono acidi grassi essenziali (come omega-3 e omega-6) che il corpo non può sintetizzare da sé e che partecipano alla modulazione dell’infiammazione, alla salute cardiovascolare e cerebrale. I grassi sono anche necessari per l’assorbimento delle vitamine A, D, E e K e per la produzione di ormoni (inclusi quelli anabolici come il testosterone). Dal punto di vista energetico, i lipidi garantiscono il combustibile predominante per sforzi di lunga durata a bassa intensità: un atleta ultra-maratoneta in competizione, dopo alcune ore di corsa, ottiene una percentuale significativa del suo ATP dalla β-ossidazione degli acidi grassi nei mitocondri muscolari (Brooks & Mercier, 1994). Ciò non significa che debba adottare diete estreme ad alto contenuto di grassi e bassi carboidrati – l’equilibrio resta fondamentale – ma piuttosto che non deve scendere sotto una certa quota lipidica: diete troppo povere di grassi (<15% delle calorie) sono sconsigliate, poiché possono portare a squilibri ormonali e carenze nutrizionali (Mountjoy et al., 2018). È invece opportuno preferire grassi “buoni” insaturi (olio extravergine d’oliva, frutta secca, pesce azzurro, avocado) limitando i grassi saturi in eccesso e i trans, che a lungo termine nuocciono alla salute cardiometabolica.

I micronutrienti – pur necessari in piccole quantità – ricoprono ruoli nei processi energetici e nel mantenimento della performance. Abbiamo già menzionato alcuni esempi come il ferro, il calcio e le vitamine del gruppo B. Possiamo aggiungere la vitamina C e la vitamina E, antiossidanti che contribuiscono a neutralizzare i radicali liberi prodotti durante l’esercizio intenso, proteggendo le cellule dallo stress ossidativo. Tuttavia, è interessante osservare che un eccesso di supplementazione antiossidante potrebbe attenuare alcuni adattamenti positivi all’allenamento (Gomez-Cabrera et al., 2015); perciò l’atleta dovrebbe puntare ad ottenere vitamine e antiossidanti principalmente attraverso una dieta varia ricca di vegetali, e ricorrere agli integratori vitaminici solo in caso di accertata necessità. Altri micronutrienti importanti includono lo zinco (coinvolto nel sistema immunitario e nella riparazione dei tessuti), il selenio (antiossidante, sostiene la funzione tiroidea) e il magnesio, già citato, che partecipa a oltre 300 reazioni enzimatiche tra cui quelle per la produzione di energia. Ogni micronutriente ha una funzione specifica: ad esempio una carenza di potassio o magnesio può manifestarsi con crampi muscolari e affaticabilità, mentre una deficienza di vitamina B12 (rischiosa in diete vegane non integrate) causa anemia megaloblastica e sintomi da ridotta ossigenazione muscolare. Pertanto, l’atleta deve assicurarsi di soddisfare il proprio fabbisogno di vitamine e minerali attraverso un’alimentazione equilibrata e, se necessario, con l’aiuto di un professionista, valutare integrazioni personalizzate.

L’idratazione merita un richiamo particolare: l’acqua è il veicolo in cui avvengono tutte le reazioni biochimiche nel corpo, inclusi i processi di produzione di energia all’interno delle cellule muscolari. Uno stato di disidratazione, anche lieve, compromette il volume plasmatico, riduce l’apporto di sangue (e quindi di ossigeno e nutrienti) ai muscoli e influisce negativamente sulla capacità termoregolatoria. Conseguentemente, la performance atletica ne soffre e aumenta il rischio di colpi di calore, soprattutto negli sport di endurance e in ambienti caldi (Casa et al., 2015). Bere adeguatamente durante tutta la giornata e aumentare l’apporto di liquidi in prossimità dell’esercizio (senza esagerare per non incorrere in iponatriemia da eccesso d’acqua) è parte integrante di un’alimentazione sportiva corretta. Le strategie di idratazione vanno dal semplice consumo regolare di acqua, sufficiente per attività leggere o moderate, fino a bevande contenenti sali minerali e una piccola percentuale di carboidrati per esercizi di lunga durata, al fine di rimpiazzare le perdite con il sudore. In sintesi, carboidrati, proteine, grassi, micronutrienti e acqua agiscono in sinergia nel sostenere le esigenze energetiche cellulari dell’atleta: solo bilanciando opportunamente tutti questi elementi è possibile allenarsi e competere al meglio, mantenendo allo stesso tempo uno stato di salute ottimale.

Alimentazione e attività fisica come binomio per la salute globale

Un corretto stile alimentare abbinato all’attività fisica regolare non si riflette solo su tempi più veloci o muscoli più forti: rappresenta uno dei fondamenti per la salute globale dell’individuo. Numerose evidenze scientifiche indicano che nutrizione e movimento agiscono in maniera complementare nel rafforzare il corpo e prevenire molte patologie, oltre a influenzare positivamente la salute mentale e la longevità (Warburton & Bredin, 2017). Dal punto di vista del sistema immunitario, ad esempio, un esercizio fisico moderato e costante è associato a una migliore funzione delle difese immunitarie; tuttavia, allenamenti estremamente intensi o prolungati possono temporaneamente indebolire l’immunità, aprendo quella che viene definita la “finestra immunitaria” in cui aumenta il rischio di infezioni (Nieman & Wentz, 2019). Ecco che entra in gioco l’alimentazione: garantire un adeguato apporto calorico e di nutrienti, specialmente carboidrati e proteine, immediatamente dopo un esercizio intenso contribuisce a mitigare l’impatto negativo sul sistema immunitario, riducendo la produzione degli ormoni dello stress e fornendo substrati utili al recupero delle cellule immunitarie (Walsh, 2019). Nutrienti come le vitamine A, C, E e lo zinco sono noti per supportare la funzione immunitaria e, sebbene in genere possano essere ottenuti da una dieta variata, in atleti sottoposti a stress fisiologico elevato è cruciale monitorarne i livelli per evitare che piccole carenze compromettano la risposta immunitaria.

L’alimentazione equilibrata e lo sport sono imprescindibili anche per mantenere una composizione corporea sana. L’esercizio regolare, soprattutto se include attività di forza, aiuta a incrementare o preservare la massa muscolare e a controllare la massa grassa; parallelamente una dieta adeguata fornisce l’energia necessaria per l’allenamento senza eccedere, in modo da evitare l’accumulo adiposo indesiderato. Un regime alimentare strutturato sulle esigenze dell’atleta consente di raggiungere e mantenere il peso forma ideale per la propria disciplina – ad esempio un corridore di lunghe distanze avrà necessità di essere leggero ma con sufficienti riserve energetiche, mentre un rugbista punterà a una maggiore massa muscolare – il tutto senza compromettere la salute. Ciò ha effetti diretti sulla prevenzione di malattie metaboliche: l’associazione di dieta corretta e attività fisica riduce drasticamente il rischio di obesità, diabete di tipo 2, ipertensione e altre patologie cardiovascolari (Blair & Morris, 2009). Anche chi pratica sport a livello non agonistico ricava benefici per la salute cardiovascolare: l’esercizio migliora l’efficienza del cuore e la circolazione, e nutrienti come gli acidi grassi omega-3 contribuiscono a ridurre l’infiammazione sistemica e a mantenere elastiche le arterie, dimostrandosi protettivi verso il sistema cardiocircolatorio (O’Keefe et al., 2019).

Un aspetto spesso trascurato ma di grande importanza è l’impatto di alimentazione e attività fisica sulla salute mentale. L’esercizio fisico è riconosciuto per i suoi effetti benefici sull’umore: durante l’attività vengono rilasciate endorfine e altri neurotrasmettitori che favoriscono sensazioni di benessere e riducono stress e ansia. A sua volta, una nutrizione ottimale sostiene la funzione cerebrale fornendo nutrienti necessari per la sintesi di neurotrasmettitori (si pensi agli omega-3 per le membrane neuronali, o alle vitamine del gruppo B e ai carboidrati per un corretto metabolismo energetico cerebrale) e contribuendo a regolare l’asse dello stress attraverso la salute intestinale e l’equilibrio glicemico (Sander et al., 2019). Studi longitudinali hanno trovato che individui che combinano un’attività fisica costante con una dieta di alta qualità (ad esempio ricca di vegetali, frutta, pesce, cereali integrali, con moderato apporto di carne e zuccheri) mostrano tassi più bassi di depressione e un miglioramento del benessere psicologico (Firth et al., 2020). Inoltre, prendersi cura del proprio corpo attraverso sport e alimentazione può rafforzare l’autostima e la percezione di autoefficacia, creando un circolo virtuoso di benessere psicofisico.

Infine, il binomio alimentazione-attività fisica è un investimento a lungo termine sulla longevità. Evidenze demografiche dalle cosiddette Blue Zones (regioni del mondo con inusuale concentrazione di centenari in salute) suggeriscono che uno stile di vita attivo e un’alimentazione equilibrata e moderata sono fattori comuni associati a una vita più lunga e in salute (Pes et al., 2013). Ricerche epidemiologiche hanno quantificato che praticare regolarmente esercizio di intensità moderata può aggiungere anni alla vita, riducendo la mortalità generale; gli effetti sono amplificati quando all’attività motoria si abbina un’alimentazione ricca di nutrienti protettivi come fibre, grassi insaturi e antiossidanti (Lear et al., 2017). In pratica, nutrirsi bene per alimentare l’allenamento non significa solo performare meglio nelle proprie gare o sessioni in palestra, ma anche proteggere la propria salute futura, mantenendo organi e tessuti più giovani e funzionali e prevenendo il declino cognitivo e fisico tipico dell’invecchiamento.

Adattare la dieta allo stile di vita attivo e alle fasi della stagione sportiva

Così come i programmi di allenamento variano tra diverse discipline sportive e fasi dell’anno agonistico, anche il piano nutrizionale va adattato per sostenere al meglio lo stile di vita attivo in ogni situazione. Non esiste un’unica dieta valida per tutti gli sportivi: un approccio personalizzato, basato sul tipo di sport e sugli obiettivi stagionali, è fondamentale per rispondere alle esigenze specifiche di energia, performance e recupero di ciascuno.

Un atleta di endurance, come un maratoneta o un ciclista su lunghe distanze, in genere affronterà volumi di allenamento molto elevati, specialmente in preparazione alle gare. Il suo piano alimentare dovrà quindi essere ricco di carboidrati complessi per soddisfare l’ingente dispendio calorico: ad esempio, durante un ciclo di allenamento settimanale da 100 km di corsa, il maratoneta inserirà porzioni abbondanti di pasta, riso, patate, pane integrale e frutta in quasi ogni pasto, combinandoli con proteine magre e grassi buoni. In prossimità di una gara importante, molti endurance athlete praticano il carbo-loading (caricamento di carboidrati) aumentando ulteriormente la percentuale di carboidrati nei 2-3 giorni prima dell’evento, per massimizzare le scorte di glicogeno muscolare (Burke et al., 2011). D’altro canto, durante i periodi di scarico o di off-season (fuori stagione), quando il chilometraggio e l’intensità degli allenamenti diminuiscono, anche l’apporto calorico complessivo e la quota di carboidrati andranno ridotti per evitare aumenti di peso indesiderati, pur mantenendo un buon apporto proteico per preservare la massa muscolare. Ad esempio, un ciclista professionista può passare da consumare 5000 kcal nei giorni di allenamento intenso a 2500-3000 kcal nell’off-season, modulando le porzioni e introducendo più alimenti a bassa densità energetica (verdure, proteine magre) per controllare l’introito calorico mantenendo la sazietà.

Negli sport di potenza o forza (come sollevamento pesi, powerlifting, sprint, lancio) l’obiettivo primario nutrizionale è spesso supportare la costruzione muscolare e la potenza. Qui la dieta sarà relativamente più ricca di proteine di alto valore biologico, distribuite uniformemente nei pasti per massimizzare la sintesi muscolare. Un esempio pratico: un pesista di 80 kg potrebbe puntare a circa 160 g di proteine al giorno, suddivise in 4 pasti da ~40 g ciascuno, provenienti da carni bianche, pesce, uova, latticini e legumi (Jäger et al., 2017). Contestualmente, i carboidrati verranno assunti in quantità adeguate a sostenere gli allenamenti anaerobici: se l’atleta ha doppie sessioni di strength training in una giornata, curerà un buon rifornimento di glicogeno con pasti ricchi di carboidrati nelle ore che precedono i workout e recuperi post-allenamento con carboidrati e proteine. Durante la pre-season (preparazione), un atleta di forza potrebbe aumentare leggermente l’apporto calorico – in particolare da proteine e carboidrati – per favorire incrementi di massa muscolare (fase di bulking controllato), mentre in prossimità di una gara potrebbe necessitare di ridurre il grasso corporeo per rientrare in una categoria di peso o migliorare il rapporto potenza/peso: in quel caso seguirà per un periodo limitato una dieta ipocalorica moderata (cut), stando attento però a mantenere proteine elevate per non perdere troppa massa magra (Helms et al., 2014). Nell’off-season, anche per sport di forza vi è solitamente un periodo di recupero attivo dove l’atleta può ridurre leggermente l’intensità degli allenamenti e seguire una dieta di mantenimento, concedendosi magari più varietà di cibi e qualche strappo in più, pur continuando a controllare qualità e quantità per non vanificare i progressi compiuti.

Le discipline miste – come gli sport di squadra (calcio, basket, rugby) o arti marziali e crossfit – combinano sforzi di resistenza e scatti di potenza. In questi casi la dieta deve bilanciare entrambe le esigenze: un adeguato apporto di carboidrati complessi per sostenere le corse, i movimenti continui e la resistenza durante le partite o i match, e un sufficiente apporto proteico per favorire il recupero muscolare dai contatti fisici e dagli sforzi esplosivi ripetuti. Per esempio, un calciatore professionista in stagione agonistica potrebbe assumere circa 6-7 g/kg di carboidrati nei giorni di allenamento intenso (soprattutto sotto forma di pasta, riso, frutta e pane integrale) insieme a ~1,6 g/kg di proteine, completando la dieta con grassi sani (olive, olio d’oliva, frutta secca) per raggiungere l’elevato fabbisogno calorico totale (Bangsbo et al., 2006). Durante il campionato (in-season), quando le partite sono ravvicinate, la priorità nutrizionale è il recupero: pasti ricchi di carboidrati e proteine entro poche ore dal termine di una gara, idratazione attenta e magari snack di recupero come frullati o barrette specifiche subito dopo lo sforzo. Nei periodi di pre-season, invece, per gli sport di squadra c’è un carico di allenamenti fisici e aerobici volto a migliorare la condizione: l’alimentazione in questa fase deve sostenere l’aumento del carico (spesso con due sessioni al giorno) quindi l’atleta curerà molto il timing dei pasti per avere sempre energie disponibili e potrà aumentare leggermente le porzioni. In off-season, molti atleti di sport misti utilizzano il tempo lontano dalle competizioni per recuperare da acciacchi e rilassarsi mentalmente: l’alimentazione in questo periodo sarà più libera ma comunque razionale, mantenendo un occhio al bilancio energetico per non prendere chili di troppo che poi sarebbe difficile perdere alla ripresa degli allenamenti. È magari questa l’occasione per dedicarsi a educazione alimentare, provare nuove ricette sane e consolidare abitudini alimentari positive senza la pressione della gara.

Attraverso questi esempi pratici è evidente come un piano nutrizionale ben congegnato si adatti dinamicamente alle esigenze dell’atleta: la dieta diventa flessibile strumento al servizio della performance e della salute, modulata in base a periodi di carico o scarico di lavoro. Ciò richiede consapevolezza e spesso il supporto di un nutrizionista esperto in ambito sportivo, che possa personalizzare le indicazioni generali al caso individuale, tenendo conto anche delle preferenze alimentari, intolleranze o altri fattori personali.

Integrazioni alimentari: quando servono e quali scegliere

La maggior parte delle esigenze nutrizionali di uno sportivo possono e dovrebbero essere soddisfatte tramite una dieta varia e bilanciata. Tuttavia, in alcuni casi specifici, l’uso mirato di integratori alimentari può risultare utile per migliorare la performance, aumentare la capacità di allenamento o colmare eventuali carenze. È importante sottolineare che qualsiasi integrazione va considerata con un approccio scientifico e preferibilmente sotto la guida di professionisti della nutrizione e medici sportivi, poiché non esistono pozioni magiche: gli integratori funzionano solo se utilizzati correttamente, in un contesto di alimentazione già equilibrata, e le evidenze scientifiche a supporto variano da caso a caso (Maughan et al., 2018). Di seguito analizziamo alcune integrazioni comuni – creatina, beta-alanina, omega-3 e probiotici – evidenziando il perché e il quando potrebbero essere indicate, sempre alla luce dei risultati di studi recenti.

La creatina è forse l’integratore ergogenico più studiato e con maggiori prove di efficacia nel migliorare la performance in sport di potenza e sforzi brevi ad alta intensità. La creatina è una sostanza naturalmente presente nei muscoli (sotto forma di fosfocreatina) che funge da riserva di energia immediata per risintetizzare ATP durante i primi secondi di uno sforzo intenso. Integrare con creatina monoidrato (tipicamente 3-5 grammi al giorno) ha dimostrato di aumentare i livelli intramuscolari di fosfocreatina e conseguentemente migliorare la capacità di sostenere scatti ripetuti, serie di sollevamenti pesi con brevi recuperi e, a lungo termine, favorire maggiori guadagni di forza e massa muscolare (Kreider et al., 2017). Ad esempio, un velocista o un giocatore di calcio potrebbero trarre beneficio in termini di sprint ripetuti più efficaci, oppure un sollevatore di pesi potrebbe riuscire a compiere una ripetizione aggiuntiva grazie alle riserve energetiche potenziate. La creatina ha anche mostrato effetti positivi sulla resintesi di glicogeno post-allenamento e potrebbe contribuire leggermente alla resistenza in sport di squadra, sebbene sia meno rilevante per prestazioni di endurance pura (Dalbo et al., 2018). Va notato che l’assunzione di creatina causa un aumento del contenuto d’acqua intracellulare nel muscolo, e quindi un possibile incremento di peso di 1-2%: questo aspetto va considerato se l’aumento di peso costituisce un limite (ad esempio in sport con categorie di peso). Sul profilo di sicurezza, gli studi non hanno riscontrato effetti avversi significativi della creatina in individui sani, se assunta nelle dosi consigliate (poiché l’eccesso viene escreto tramite i reni), ma è sempre prudente rispettare i dosaggi e scegliere prodotti certificati.

La beta-alanina è un altro integratore che ha guadagnato popolarità, in particolare tra atleti che praticano sport di alta intensità con sforzi protratti nell’ordine di 1-4 minuti (come i 400-800 metri nell’atletica, il canottaggio o circuiti di CrossFit). La beta-alanina è un aminoacido che, assunto regolarmente (in genere 4-6 grammi al giorno in dosi frazionate), eleva i livelli di carnosina intramuscolare. La carnosina agisce come tampone contro l’acidità che si genera nei muscoli durante l’esercizio anaerobico lattacido: in pratica, ritarda l’accumulo di ioni H+ responsabili del calo di pH e del bruciore muscolare, consentendo di prolungare lo sforzo ad alta intensità prima di incorrere nella fatica (Saunders et al., 2017). Studi hanno evidenziato che supplementare beta-alanina per 8-12 settimane può migliorare modestamente la capacità di esercizio ad alta intensità e aumentare la quantità di lavoro totale eseguibile in prove da 60 a 240 secondi (Hobson et al., 2012). Per un nuotatore sui 100 metri o un ciclista su pista, ciò potrebbe tradursi in qualche secondo guadagnato, differenza importante in ambito competitivo. Gli effetti sull’endurance di lunga durata sono invece minimi o nulli, quindi la beta-alanina non è prioritaria per maratoneti o ultratrail runner. Un effetto collaterale innocuo ma comune della beta-alanina è il parestesismo (formicolio) a viso e mani quando assunta in singole dosi elevate; per evitarlo, si consiglia di dividerla in piccole dosi da 1-2 g durante la giornata.

Gli acidi grassi omega-3, solitamente assunti sotto forma di olio di pesce (ricco in EPA e DHA), non sono integratori “ergogenici” nel senso classico, ma rivestono un ruolo prezioso per la salute e il recupero dell’atleta. Questi grassi polinsaturi hanno proprietà antinfiammatorie: competono con gli omega-6 nei processi infiammatori e portano alla produzione di molecole (resolvine, protectine) che favoriscono la risoluzione dell’infiammazione. Nell’ambito sportivo, l’integrazione di omega-3 è stata associata a una riduzione dell’indolenzimento muscolare tardivo (DOMS) dopo esercizi intensi, migliorando il recupero soggettivo (Black et al., 2018). Ad esempio, un allenamento eccentrico molto duro (come una discesa prolungata in montagna o una sessione di squat pesanti) provoca microdanni muscolari e infiammazione locale: alcuni studi hanno trovato che atleti che assumevano omega-3 quotidianamente da diverse settimane presentavano markers infiammatori leggermente inferiori e un recupero della forza più rapido a 48 ore dal esercizio rispetto a chi non li assumeva (Visconti et al., 2021). Inoltre, gli omega-3 contribuiscono alla salute cardiovascolare (importante per sport di endurance) e possono avere benefici cognitivi e sull’umore, utili in fasi di stress psicofisico intenso. La dose efficace varia, ma in genere si consigliano circa 1-2 g al giorno di EPA+DHA combinati per ottenere effetti significativi. È bene sottolineare che l’omega-3 può essere considerato più un nutraceutico per la salute dell’atleta che un supplemento mirato alla performance istantanea: i suoi benefici emergono con l’uso costante nel tempo e riguardano soprattutto la resilienza fisica e la prevenzione degli infortuni e delle malattie.

I probiotici sono integratori costituiti da ceppi di batteri “buoni” che, una volta ingeriti in quantità adeguate, possono colonizzare temporaneamente l’intestino e contribuire all’equilibrio della flora intestinale (microbiota). Negli ultimi anni, l’interesse verso i probiotici in ambito sportivo è cresciuto, poiché si è scoperto che il microbiota intestinale gioca un ruolo significativo non solo nella digestione, ma anche nel modulare l’infiammazione, l’assorbimento dei nutrienti e persino alcuni aspetti dell’immunità e della performance (Jäger et al., 2019). Gli atleti sottoposti a stress intensi, viaggi internazionali, diete particolari o tagli calorici, possono andare incontro a disbiosi intestinali o comunque a disturbi gastrointestinali più frequenti (ad esempio, molti maratoneti lamentano problemi intestinali durante le gare lunghe). L’utilizzo di specifici ceppi probiotici – quali Lactobacillus e Bifidobacterium – è stato associato a una riduzione dell’incidenza di disturbi gastrointestinali e infezioni delle vie respiratorie superiori in atleti endurance in periodo competitivo (West et al., 2019). In altri termini, un integratore probiotico mirato potrebbe aiutare un triatleta a ridurre il rischio di diarrea del viaggiatore quando gareggia all’estero, o un nuotatore a limitare i malanni di stagione durante i periodi di allenamento intenso che sollecitano il sistema immunitario. È fondamentale scegliere probiotici la cui efficacia sia supportata da studi (non tutti i ceppi batterici hanno gli stessi effetti) e assumerli con costanza per alcune settimane per ottenere un beneficio. Come sempre, i probiotici non sostituiscono un’alimentazione ricca di fibre prebiotiche (frutta, verdura, cereali integrali) necessaria a nutrire il microbiota già presente; vanno visti come un aiuto aggiuntivo in situazioni selezionate.

In conclusione, gli integratori come creatina e beta-alanina sono indicati in modo specifico per migliorare determinati aspetti della performance in alcuni sport, mentre omega-3 e probiotici offrono supporto più generale alla salute e al recupero dell’atleta. Prima di iniziare qualsiasi integrazione è consigliato valutare con un professionista la reale necessità e l’appropriatezza, considerando anche possibili interazioni, doping (alcuni integratori contaminati possono causare positività ai controlli antidoping) e la qualità del prodotto. Un approccio scientifico e personalizzato, in linea con la filosofia di Psymed di benessere integrato, garantisce che l’integrazione sia sicura ed efficace.

L'importanza dell'alimentazione nello sport

L’alimentazione dello sportivo rappresenta un affascinante equilibrio tra scienza e personalizzazione: da un lato conosciamo, grazie a numerose ricerche, i principi generali su come macronutrienti e micronutrienti influenzino energia, performance e processi di recupero; dall’altro, ogni individuo è unico per genetica, stile di vita, sport praticato e obiettivi. In questo articolo abbiamo visto come una dieta ben bilanciata in carboidrati, proteine e grassi fornisca il carburante necessario al movimento e i mattoni per la rigenerazione, mentre vitamine, minerali e idratazione ottimale sostengono il delicato motore biochimico che sta alla base della performance fisica. Abbiamo sottolineato l’importanza del timing nutrizionale – alimentarsi nei momenti giusti prima, durante e dopo l’esercizio – per massimizzare l’energia disponibile, migliorare la performance in gara e accelerare i processi di recupero, riducendo anche il rischio di infortuni. È emerso chiaramente come alimentazione e attività fisica siano due facce della stessa medaglia per costruire la salute nello sport e nella vita: insieme fortificano il sistema immunitario, migliorano la composizione corporea, favoriscono il benessere mentale e contribuiscono a una maggiore longevità attiva.

Un altro concetto chiave è l’adattamento della dieta alle esigenze specifiche: abbiamo esplorato esempi di come il piano nutrizionale possa (e debba) cambiare tra un maratoneta, un pesista e un calciatore, e persino come lo stesso atleta moduli l’alimentazione tra pre-season, periodo competitivo e off-season. Questa flessibilità programmata consente di ottenere il massimo da ogni fase di allenamento e di mantenere al contempo uno stato di salute ottimale, evitando squilibri o carenze. Allo stesso tempo, abbiamo discusso del ruolo degli integratori evidenziando che, sebbene possano offrire benefici mirati (come la creatina per la potenza anaerobica o i probiotici per la salute intestinale), non sono soluzioni universali e devono essere impiegati con cognizione di causa, costruendo su una base di corrette abitudini alimentari.

In definitiva, l’alimentazione dello sportivo è un campo in continua evoluzione, dove nuove ricerche affinano le strategie per migliorare la performance atletica in armonia con il benessere generale. Affidarsi a professionisti qualificati – nutrizionisti sportivi, dietisti, medici dello sport – è la scelta migliore per chi desidera un approccio personalizzato e scientificamente fondato. Ogni atleta, dal amatoriale al semi-professionista, può trarre enorme vantaggio da un piano nutrizionale calibrato sul proprio stile di vita attivo: significa dare al proprio corpo i giusti strumenti per rendere al meglio, recuperare più in fretta e mantenersi sano nel lungo periodo. In un’ottica bio-psico-sociale, cara alla mission di Psymed, energia, performance e salute sono tasselli di un unico mosaico: prendersi cura della propria nutrizione significa quindi investire su tutti questi aspetti insieme, per diventare non solo atleti migliori, ma persone più in salute e resilienti.

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