dott.ssa Annunziata Taccone, Biologo Nutrizionista
Negli ultimi anni gli scaffali dei supermercati si sono riempiti di prodotti “vegan”: burger vegetali, formaggi senza latte, yogurt con soia o cocco, perfino uova e salumi 100% vegetali. L’offerta cresce di pari passo alla domanda, spinta da motivazioni etiche, ambientali, salutistiche o modaiole. Ma dal punto di vista nutrizionale, cosa significa consumare questi alimenti?
L’EQUIVOCO DELLA PAROLA VEGAN.
Molti consumatori associano questa parola a un concetto di salubrità automatica. Tuttavia un prodotto privo di ingredienti animali non implica necessariamente che sia sano. Molti cibi “vegan” industriali hanno liste di ingredienti molto lunghe con addensanti, oli raffinati, aromi, zuccheri e sale in quantità non trascurabili. In termini nutrizionali, ciò li avvicina più a un cibo “ultra-processato” che a un alimento funzionale/naturale.
C’è da dire che gli alimenti vegan, per via della loro natura, sono alimenti che apportano fibre (sono vegetali!), non hanno colesterolo (sono vegetali!) ed hanno un minore impatto ambientale (anche se non tutti): basti pensare ad un hamburger vegetale, esso viene prodotto con meno carbonio rispetto alla carne di bovino.
I LIMITI NUTRIZIONALI.
I cibi vegan spesso mancano di proteine ad alto valore biologico, perché vengono usate proteine vegetali che hanno un valore biologico più basso; sono deficitari di alcuni nutrienti fondamentali come vitamine e minerali: la vitamina B12, il ferro eme e il calcio sono micronutrienti presenti soprattutto in alimenti animali e spesso non presenti nei sostituti vegetali, a meno che non siano addizionati; infine, molti formaggi vegan sono arricchiti di grassi saturi (olio di palma e cocco) e di sodio, rendendoli così non necessariamente migliori delle loro controparti animali.
QUALI SCELTE CONSAPEVOLI?
Si sa, il mercato “vegan” si muove seguendo le logiche simili a quelle del “senza glutine” o “light”, intercetta un bisogno sociale e lo traduce in prodotto confezionato ad alto impatto commerciale. Il rischio però, secondo quanto detto, è che il consumatore pensi di migliorare la propria dieta sostituendo un prodotto convenzionale con uno vegan: in realtà spesso sta solo acquistando un cibo ultra-processato, con le stesse calorie se non maggiori del convenzionale, con meno nutrienti e magari a costi più alti! Una dieta a base vegetale o vegana può essere equilibrata e salutare ma non si costruisce con burger e formaggi vegetali! Le fonti da privilegiare restano i legumi, i cereali integrali, la frutta secca, le verdure e la frutta di stagione.
In conclusione, non è l’etichetta “vegan” a definire la salubrità di un alimento, bensì la sua composizione reale. Un approccio critico resta lo strumento più utile per chi desidera seguire un’alimentazione corretta, sia essa vegana o mediterranea per non cadere nelle trappole del marketing.