L’allattamento rappresenta un momento fondamentale per mamma e bambino, dal punto di vista nutrizionale, psicologico e sensoriale.
L’importanza del latte materno come principale fonte di nutrimento del neonato è ampiamente evidenziata in numerose ricerche: l’elevata percentuale di proteine strutturali, grassi, ormoni, enzimi e vitamine essenziali di cui è composto lo rendono assai utile allo sviluppo cerebrale e corporeo. Dal punto di vista relazionale, allattare al seno contribuisce a mantenere il legame stretto tra mamma e bambino stabilito in gravidanza. Per questo motivo, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) raccomanda l’allattamento materno almeno per i primi 6 mesi di vita del bambino, con un mantenimento del latte materno come alimento principale fino al primo anno, pur inserendo durante la fase dello “svezzamento” cibi complementari.
La composizione del latte materno è influenzata dall’alimentazione e dallo stato nutrizionale della mamma: è importante che la donna abbia immagazzinato le giuste riserve già durante la gravidanza. La produzione del latte materno determina un aumento di tutti i fabbisogni nutrizionali della mamma (energia, proteine, vitamine, sali minerali e acqua) che possono essere ampiamente soddisfatti seguendo una dieta variata ed equilibrata. In tal modo il bambino riceverà un latte adeguato alle sue necessità senza che ciò avvenga a scapito dell’organismo materno.
Per valutare il fabbisogno nutrizionale durante l’allattamento, bisogna sempre considerare anche il periodo precedente di preparazione durante la gestazione. Già con l’inizio della gravidanza la madre immagazzina i nutrienti di cui avrà bisogno in seguito e una parte dell’energia attraverso l’aumento della massa grassa. Per ciò che concerne la valutazione del fabbisogno energetico della mamma, bisogna considerare che la produzione di latte non richiede un grande dispendio energetico. Pertanto non è necessaria una consistente supplementazione energetica: aggiungendo dalle 450 alle 560 Kcal al giorno al fabbisogno calorico soggettivo della donna che allatta, le richieste energetiche vengono sopperite senza alcun problema. L'incremento calorico può essere leggermente inferiore se la madre è in sovrappeso.
Durante l’allattamento al seno può essere adottato lo stesso stile alimentare seguito in gravidanza. Alcuni fabbisogni della donna che allatta sono aumentati rispetto al periodo della gravidanza; ad esempio il fabbisogno energetico, proteico e di alcune vitamine e sali minerali, oltre che di acqua.
Una dieta varia ed equilibrata consente di ottenere il giusto apporto nutrizionale richiesto in questo periodo particolare per la donna. E’ consigliabile distribuire regolarmente gli alimenti almeno in 5 pasti nell’arco della giornata privilegiando:
Vi sono poi alcuni alimenti che vanno limitati o esclusi dall’alimentazione della mamma durante l’allattamento:
Inoltre è opportuno ricordare che durante l'allattamento un possibile rischio dovuto all’alimentazione è dato dalla presenza di inquinanti nel latte che provengono principalmente dalla mobilizzazione del tessuto adiposo verso i grassi nel latte materno; per questo è importante evitare diete dimagranti eccessive e d'urto che immettano improvvisamente nel sangue maggiori quantità di fattori inquinanti liposolubili.
E’consistente il pericolo che piombo, mercurio, cadmio e diossina passino attraverso il latte materno, specie attraverso i lipidi.
Dal punto di vista alimentare è possibile ridurre tale rischio:
Infine è bene ricordare che è la suzione del bambino a determinare la quantità di latte prodotta. In condizioni di riposo adeguato, la mamma va incoraggiata ad attaccare il bimbo al seno frequentemente durante il giorno per stimolare la produzione di latte.
La dolce attesa richiede alla donna un’attenzione particolare alla propria alimentazione, allo scopo di garantire a se stessa e al nascituro i giusti nutrienti, contrastare una serie di eventuali sintomi associati alla gravidanza (nausea, reflusso, etc.) ed evitare o ridurre il più possibile la probabilità di contrarre alcune infezioni (es.: toxoplasmosi).
Se sei una donna in gravidanza, sarai probabilmente presa da mille dubbi e potresti trovare utile avere delle indicazioni per orientarti nelle tue scelte alimentari…eccole!
Queste indicazioni generali non sostituiscono ovviamente un piano alimentare personalizzato che terrà conto di tutte le specifiche della futura mamma, accompagnandola durante le diverse fasi della gravidanza: stile di vita, storia clinica, eventuali situazioni patologiche o stili alimentari (es: vegetarianismo o veganismo).
Richiedere una consulenza nutrizionale in gravidanza è fondamentale per te e per il tuo bambino: contattaci!
La malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) rappresenta uno dei disturbi più frequenti del tratto gastroenterico superiore.
Dopo la deglutizione, lo sfintere che divide lo stomaco dall’esofago fisiologicamente si rilascia. Nei pazienti con reflusso gastroesofageo tale rilasciamento avviene molto più frequentemente portando più spesso il materiale gastrico a contatto con la mucosa dell’esofago e causando l’insorgenza di un tipico bruciore retrosternale, associato spesso a rigurgito acido.
Le cause di questo fenomeno sono molteplici. Spesso si riscontra nei casi in cui vi è una concomitante ernia iatale, ossia uno scivolamento di una parte dello stomaco dalla cavità addominale a quella toracica. Altre situazioni che favoriscono il Reflusso gastroesofageo sono il ritardato svuotamento gastrico, l’abuso di alcool o di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), la ridotta motilità esofagea e la presenza di uno sfintere esofageo inferiore ipotonico.
A contatto con la mucosa irritata dal frequente passaggio dei succhi gastrici, nel corso del tempo determinati alimenti non vengono tollerati. Inoltre lo stomaco, sovraccaricato da pasti molto abbondanti e ricchi di grassi, non riesce a svolgere la sua normale attività digestiva: ciò comporta un ulteriore rallentamento dello svuotamento gastrico e il rilasciamento dello sfintere.
Per questo i pazienti che soffrono di reflusso gastroesofageo dovrebbero mangiare poco ma spesso, prediligendo pietanze semplici e poco condite.
In alcuni casi con il passare del tempo, se non curato, il reflusso gastroesofageo può portare a varie complicanze e, nei casi più gravi, a una forma tumorale definita “Esofago di Barrett”.
Di seguito un elenco dei principali sintomi provocati dal reflusso gastroesofageo:
La diagnosi si basa principalmente sui sintomi poiché spesso gli esami clinici ed endoscopici appaiono negativi, a meno che non ci sia una concomitante ernia iatale o una lesione già evidente della mucosa esofagea.
La terapia è prettamente alimentare e può essere coadiuvata dall'utilizzo di antiacidi e di protezioni per lo stomaco secondo la prescrizione del medico.
Il trattamento del reflusso gastroesofageo deve necessariamente agire sulle abitudini alimentari e sullo stile di vita del paziente, al fine di normalizzare il peso corporeo (soprattutto la circonferenza addominale) e di eliminare dalla dieta giornaliera gli alimenti che possono causare una sovra produzione di acidi gastrici. Sarebbe inoltre opportuno evitare il consumo di caffè, di alcolici e il fumo di sigaretta, in quanto possono peggiorare la sintomatologia.
Seguendo un piano alimentare personalizzato e modificando alcune abitudini errate, è possibile controllare facilmente i sintomi e non ricorrere all'utilizzo dei farmaci.
BIBLIOGRAFIA
“Manuale di Gastroenterologia”, Unigastro
“Prevenzione e terapia dieteticaa”, Eugenio Del Toma
“Manuale di nutrizione clinica e scienze dietetiche applicate”, P. Binetti, M. Marcelli, R. Baisi
Il cancro al seno è uno dei tumori più diffusi nella popolazione femminile: colpisce 1 donna su 8 nell'arco della vita. Rappresenta il 29% di tutti i tumori delle donne. Purtroppo in Italia sta crescendo l’incidenza del tumore anche tra le giovanissime (25-44 anni). Questa patologia ha una maggiore frequenza nel mondo femminile, ma non risparmia nemmeno gli uomini.
Tanti sono i fattori predisponenti: l’età, il sesso, le genetica, la storia riproduttiva della donna, la sedentarietà, il fumo, l’alcol, la dieta, la sindrome metabolica. Fortunatamente oggi abbiamo a disposizione diversi strumenti diagnostici per scovare precocemente questa malattia. Gli screening gratuiti o i controlli medici, effettuati attraverso ecografie e mammografie, sono un efficace strumento di prevenzione, ma anche adottare uno stile di vita corretto lo è! Il mondo scientifico è unanime sul concetto che lo STILE DI VITA sia un fattore efficace nell'abbassare il rischio di ammalarsi. Ma cosa si intende per stile di vita?
Lo stile di vita è inteso come un insieme di DIETA e ABITUDINI alimentari e non. Seguire cioè una dieta corretta, ovvero specifica e personalizzata, una dieta sana, che comprenda tutti i nutrienti di cui necessitiamo, una dieta bilanciata in termini di Carboidrati, Proteine, Grassi, Vitamine e Kcalorie aiuta ad abbassare il rischio di numerose patologie, tra cui il cancro. Ma anche, evitare gli eccessi di alcol o il fumo di sigaretta e seguire un’attività fisica regolare aiuta molto.
I meccanismi che sono alla base della formazione di un tumore sono molto complessi, ma hanno tutti un comune denominatore: l’infiammazione! Scegliere ogni giorno cibi ricchi di grassi saturi, idrogenati o cibi zuccherini, raffinati (non integrali), mangiare sempre gli stessi alimenti senza un adeguato apporto di fibra, o troppi cibi confezionati, alla lunga, unita ad altri fattori genetici e/o ambientali, può generare variazioni metaboliche che danno scompensi interni, produzione di sostanze tossiche, disordini immunitari, che portano le cellule ad ammalarsi! Le analisi del sangue sballate spesso sono il risultato di uno scompenso interno generato, e l’aumento di peso o di grasso è solo la prova “esterna” di un equilibrio “interno” rotto. Anche alla base di una malattia complessa come il cancro ci sono questi disordini, ecco perché una dieta corretta può essere considerata “un fattore protettivo”.
Ma come agire? Il Fondo Mondiale per la Ricerca sul Cancro (WCRF) nel 2007 ha concluso una revisione di tutti gli studi scientifici sul rapporto tra alimentazione e tumori stilando così un decalogo. Si tratta di 10 regole che hanno lo scopo di migliorare il proprio stile di vita. Oltre il 20% dei tumori dipende da fattori di rischio legati a cattive abitudini e/o alimentazione scorretta. Per questo motivo il mondo scientifico considera il controllo dello STILE DI VITA uno strumento di prevenzione del carcinoma mammario e delle recidive efficace e raccomandabile al pari degli esami e terapie comunemente usati per la diagnosi della malattia.
Vediamole insieme 10 semplici regole per migliorare il proprio stile di vita:
Seguire queste semplici regole certamente non ci assicura di prevenire il cancro ma quantomeno ci aiuta a ridurre la probabilità che si manifesti. Siamo attivi!
Lo stretto rapporto tra corretta alimentazione e attività fisica è un concetto ormai ampiamente diffuso sia nell’ambiente sportivo che tra la popolazione generale.
Tra i diversi pareri e le tante indicazioni che percorrono i corridoi delle palestre capita spesso però di fare confusione e di allontanarsi da quella che è veramente l’evidenza scientifica a supporto della salute e della prestazione ottimale di chi pratica sport.
Cerchiamo allora di fare chiarezza e di comprendere come e perché è indispensabile associare la giusta alimentazione all’esercizio fisico che svolgiamo.
Una corretta alimentazione rappresenta sicuramente un aspetto essenziale per l’ottenimento di una buona efficienza metabolica. D’altro lato l'attività fisica contribuisce all'equilibrio energetico dell'organismo, aumentando il dispendio calorico e mobilizzando le riserve di substrati (soprattutto lipidi e carboidrati), modifica la composizione corporea e incrementa l'efficienza del sistema muscolare e cardiorespiratorio.
Il successo di un equilibrato e completo programma di attività fisica può essere garantito solo da un’alimentazione sana, bilanciata ed equilibrata.
Gli obiettivi prioritari da perseguire, nell'impostazione di una corretta proposta nutrizionale di un soggetto che pratica sport sia a livello agonistico che amatoriale, sono fondamentalmente:
Il Modello di Alimentazione Mediterraneo, tipico della tradizione gastronomica delle regioni costiere (dieta pesco-vegetariana), risulta essere, ancora oggi, quello più rispondente alle reali e complesse esigenze metaboliche dell'atleta, perché ricco di alimenti in grado di garantire un buono stato di salute generale e un’efficiente funzionalità intestinale.
La piramide alimentare mediterranea è un tentativo di sintetizzare in una sola immagine la frequenza con la quale i diversi alimenti dovrebbero ricorrere nelle abitudini alimentari, sia nel corso del breve periodo (una giornata) che nel corso del medio periodo (una settimana).
Essa è rivolta a tutti gli individui, tiene conto dell’evoluzione dei tempi e della società, evidenziando l’importanza basilare dell’attività fisica, della convivialità a tavola e dell’abitudine di bere acqua e suggerendo di privilegiare il consumo di prodotti locali su base stagionale.
Iniziando dalla base della piramide si trovano gli alimenti di origine vegetale che sono caratteristici della “dieta mediterranea” per la loro abbondanza in nutrienti non energetici (vitamine, sali minerali, acqua) e di composti protettivi (fibra). Salendo da un piano all'altro si trovano gli alimenti a maggiore densità energetica e pertanto da consumare in minore quantità, al fine di ridurre l’eventuale sovrappeso e prevenire l'obesità e le patologie metaboliche.
Le indicazioni riportate nel “My Plate” dell’Harvard Medical School possono rendere più semplice la gestione del pasto suggerendo volumi e distribuzioni che lo rendono nutrizionalmente equilibrato.
La dieta fornisce attraverso gli alimenti le molecole utili per svolgere le funzioni fisiologiche, promuove un incremento della massa muscolare, ottimizza il lavoro fisico, reintegra infine le perdite dovute allo stress fisico e mentale dell’atleta.
Il primo passo per stabilire se una dieta è adeguata all'attività fisica svolta è valutare l’introito calorico totale in rapporto al tipo di allenamento effettuato.
Per una definizione accurata e personalizzata è opportuno consultare sempre uno specialista (medico, dietista, nutrizionista).
Un introito calorico inadeguato o più basso del dovuto può infatti compromettere la forza fisica e la resistenza alla fatica, creare alterazioni metaboliche sfavorevoli per la crescita ed il tono muscolare e condurre ad una assunzione inadeguata di molti micronutrienti (magnesio, ferro, zinco etc.,), danneggiando sensibilmente la qualità della performance, la crescita (per le adolescenti) e la salute in generale.
Una volta stabilita la quantità di calorie necessaria, il passo successivo è valutare l’apporto dei singoli macronutrienti: carboidrati, proteine, grassi, minerali e vitamine.
Come per la popolazione generale, anche per lo sportivo la maggior parte della razione alimentare deve essere costituita dai carboidrati, cioè gli zuccheri; questi devono infatti rappresentare il 55 - 60% circa dell’intera quota giornaliera dell’energia in quanto costituiscono il principale substrato energetico per i muscoli in attività e sono in grado di fornire una buona quantità di energia (circa 4 Kcal. per grammo di sostanza). Sono quindi indicati tanto nei gesti sportivi rapidi ed intensi, quanto nelle attività protratte nel tempo. Per la maggior parte (80%) devono essere “zuccheri complessi”, come quelli contenuti nei cereali (pasta, pane, biscotti, fette biscottate, riso, mais, ecc.) e nei tuberi (patate). Agli “zuccheri semplici” (zucchero comune, miele, marmellate, dolci, frutta, ecc.) è affidata la copertura del restante 20%. Il glucosio rappresenta il carburante preferito a scopi energetici, rispetto al fruttosio e al galattosio, che devono essere trasformati primariamente in glucosio. Le maltodestrine sono i carboidrati da preferire in quanto pur essendo in assoluto meno efficienti del glucosio, tuttavia permettono un rifornimento più continuativo di energia, avendo un diverso tempo di assorbimento.
Le proteine svolgono principalmente una funzione plastica e sono indispensabili per tutte le funzioni vitali del nostro organismo. Durante le fasi di allenamento (e comunque sempre durante la crescita e l’adolescenza) le proteine sono fondamentali per la costruzione del muscolo e della matrice ossea. Nelle fasi invece in cui la crescita è stabilizzata, le proteine servono per mantenere i muscoli in buone condizioni e riparare le perdite di tessuto che si verificano sempre durante l’attività sportiva. Vanno assunte in quantità pari a 1,0 grammo per chilogrammo di peso corporeo ideale. In particolari situazioni fisiologiche quali l’accrescimento, le fasi di potenziamento muscolare e quando l’attività sportiva venga praticata a lungo, quotidianamente e con elevato impegno, si può incrementare l’apporto proteico fino a 1,8-2,0 grammi per Kg di peso corporeo. In una razione giornaliera equilibrata le proteine devono rappresentare il 12-15% delle calorie totali assunte nella giornata e devono provenire sia da alimenti di origine animale (latte e derivati, carni, pesci, uova, ecc.), sia da alimenti di origine vegetale: legumi (ceci, fagioli, piselli, ecc.) e cereali (pasta, riso, ecc.).
I grassi sono nutrienti ad elevato contenuto energetico: rendono infatti 9 Kcal per grammo e vengono utilizzati come fonte energetica, insieme ai carboidrati, nell’impegno sportivo di lunga durata e di intensità medio-bassa. Il tessuto muscolare immagazzina i grassi sotto forma di trigliceridi. Durante l’esercizio, i trigliceridi vengono aggrediti dagli enzimi e trasformati in acidi grassi liberi, a loro volta metabolizzati per produrre l’energia necessaria alla contrazione del muscolo. Gli acidi grassi sono usati come fonte di energia muscolare per le attività di lunga durata. I lipidi che vengono consumati per primi ovviamente sono quelli (scarsi) che sono presenti già nei muscoli, nello spazio interno ai fasci muscolari. I grassi devono rappresentare una quota variabile, a seconda delle circostanze, tra il 25 e il 30% dell’energia totale giornaliera, e vengono assunti sia come grassi contenuti negli alimenti (latte, formaggi, carni, salumi, uova, pesci, semi oleosi, frutta secca, ecc.), sia come “condimenti” (olio, burro, ecc.). Si raccomanda soprattutto l’assunzione di grassi insaturi e/o polinsaturi, di origine vegetale, con particolare riguardo all’olio di oliva extra-vergine, mantenendo un livello di grassi saturi, di origine animale, non superiore al 10% delle calorie totali.
I minerali appartengono alla classe dei micronutrienti non calorici, detti anche oligoelementi o sali minerali. La principale fonte di rifornimento dei minerali è l’acqua, che li contiene in quantità ed in combinazioni molto variabili a seconda della sua origine.
I minerali sono contenuti, sempre in combinazioni variabili, anche nei cibi di origine sia vegetale che animale.
La loro assimilazione può essere in parte compromessa nei casi di diete eccessi¬vamente ricche di cereali integrali, legumi, ortaggi, vino, caffè, bevande nervine come cioccolata, tè e altre. Analogamente, l’uso indiscriminato e squilibrato di integratori che apportino quote non equilibrate dei diversi minerali pregiudica l’assorbimento di alcuni a vantaggio di altri. Il corretto reintegro di Sali minerali è essenziale durante lo svolgimento dell’attività fisica poiché aiutano a mantenere l’equilibrio idrico, regolano le funzioni neuro-muscolari e concorrono all’accrescimento, al ricambio e al mantenimento dei tessuti e delle strutture corporee.
Le vitamine (anch'esse appartenenti alla classe dei micronutrienti, o nutrienti non calorici, come l’acqua, le fibre e i minerali) sono sostanze organiche che, benché indispensabili, non sono sintetizzate dall'organismo umano: devono pertanto essere assunte con la dieta. Un’alimentazione corretta ed equilibrata è in grado di garantire il fabbisogno di vitamine a patto che i cibi assunti siano freschi e di buona qualità. Per assumere in quantità adeguata ognuno dei micronutrienti necessari, gli sportivi dovrebbero aumentare l’ammontare di frutta fresca e vegetali (si raccomandano 5 porzioni al giorno di frutta o verdura fresche), cereali integrali, latte e derivati, senza scordare di consumare carne rossa magra. Poiché non tutte le vitamine ed i minerali si trovano negli stessi cibi, è buona norma variare di giorno in giorno il tipo di alimenti assunti per ogni categoria. Una dieta sbilanciata o caratterizzata da una eccessiva restrizione calorica potrebbe condurre ad una deficienza in alcuni di questi micronutrienti.
Il binomio “sport e nutrizione” ha il compito primario di prevenzione della salute, potenziamento della capacità fisiche organiche e condizionali e miglioramento della prestazione sportiva.
Il tutto nell'ambito di una relazione equilibrata ed appagante fra cibo, corpo e movimento.
Per questo bisogna innanzitutto contrastare la tendenza pericolosa alla dipendenza dai falsi miti di una errata cultura sportiva (vedi fenomeno doping o, più semplicemente, l’uso smodato di integratori dietetici e supplementi nutrizionali) e dalle mode di diete e stili alimentari inadeguati.
La limitazione di questi tipi di approccio sta nell’ignorare lo stretto legame tra alimentazione, metabolismo energetico e risposta fisica all’esercizio.
È evidente allora l’importanza e la necessità che una corretta educazione ed informazione alimentare sia sempre associata all’educazione al movimento ed alla preparazione fisica.
Un corretto approccio al fenomeno non può inoltre prescindere da adeguate procedure di valutazione (analisi della composizione corporea e valutazione dello stato nutrizionale) che ci consentono di stabilire i fabbisogni energetici, le necessità nutrizionali e le esigenze del singolo atleta, per impostare un programma alimentare adeguato, equilibrato e bilanciato, da affiancare agli individuali specifici carichi di allenamento. Nasce da qui la necessità di affidarsi sempre a specialisti qualificati e specializzati (medici, dietisti, nutrizionisti), in grado di elaborare un piano dietetico personalizzato secondo le esigenze e le attività del singolo atleta.