L’approccio sistemico relazionale in psicoterapia

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Il fiume modella le sponde e le sponde guidano ilfiume”
(Gregory Bateson)

PSICOTERAPIA SISTEMICO RELAZIONALE

“Dr.ssa, ma lei è junghiana o freudiana?!”, è questo l’incipit con cui spesso chi si rivolge al mio studio di Roma cerca di orientarsi, quando non conosce già il mio approccio e modo di lavorare in stanza di terapia. “In realtà, nessuno dei due...” - sono solita rispondere, con un sorriso che apre la strada al coming-out sul mio approccio teorico di riferimento... ?-  ”…sono sistemico-relazionale!”. Segue solitamente silenzio e uno sguardo tra il perplesso e l’incuriosito. Nell’immaginario collettivo, infatti, complice tanta filmografia sull’argomento, esiste principalmente la psicoanalisi di Freud (con tanto di lettino) o la psicologia analitica del suo allievo Jung. Tutto il resto è, per differenza, “psicoterapia non psicoanalitica”. In realtà, le cose non stanno affatto così. Nel tempo si sono andati costruendo e sperimentando numerosi e differenti modelli teorici e di prassi clinica, alcuni dei quali trovano rappresentanza nei professionisti che operano nel centro PsyMed.

Per quanto riguarda l’approccio sistemico-relazionale, che orienta i miei interventi terapeutici (e non di meno quelli formativi), si tratta di un modello che ha già una consolidata storia alle proprie spalle.

 

ORIGINI E CARATTERISTICHE DELL’APPROCCIO SISTEMICO-RELAZIONALE

Questo modello si sviluppò a partire dagli anni ‘50 negli Stati Uniti, grazie al lavoro dell’antropologo statunitense Gregory Bateson (uno dei primi a teorizzare il concetto di soggetto contestuale) e al contributo di altri studiosi (il famoso “gruppo di Palo Alto”) che iniziarono a interessarsi all’osservazione delle famiglie e dei modelli comunicativi che regolano l’interazione dei suoi membri, applicando i concetti della teoria dei sistemi e della cibernetica. Ne derivarono una serie di “assiomi della comunicazione” e idee che permettono di leggere le situazioni problematiche portate non solo dalle famiglie, ma anche dai gruppi in generale, dalle coppie e dai singoli e di intervenire per produrre un cambiamento.

In Italia questo modello si iniziò a diffonde negli anni ‘80, periodo in cui venne utilizzato nei servizi pubblici, in particolare nel trattamento dei disturbi alimentari e delle tossicodipendenze. Successivamente divenne risorsa a disposizione anche di tanti psicoterapeuti che operano privatamente e adoperato con target di utenza sempre più ampi.

Alcune idee di base che orientano l’agire sistemico:

  • I processi mentali non sono parte di una essenza interna, bensì vengono costruiti nell’interazione: l’essere umano non ha bisogno degli altri solo per vivere, crescere e riprodursi, ma anche per pensare e costruire i suoi processi mentali.
  • Il contesto dà significato ai comportamenti, che vanno quindi “inseriti” nella complessità relazionale in cui si manifestano e mantengono.
  • Il sintomo o disagio “del” singolo è in realtà sempre rappresentativo di uno stato di malessere relazionale presente nel contesto in cui si manifesta (es.: coppia, famiglia, classe) e a cui bisogna quindi estendere lo sguardo e, quando possibile, anche l’intervento.
  • Ogni individuo è portatore di una storia, personale e familiare, costruita su peculiari modelli di comunicazione e interazione.

 

La terapia viene dunque definita “sistemica”, perché il malessere della persona viene visto non come problema strettamente individuale, bensì come espressione di disagio di uno dei sistemi di appartenenza (famiglia, coppia, lavoro, amici). Mentre il termine “relazionale” fa riferimento alla considerazione dell’identità individuale come risultato delle dinamiche e delle esperienze relazionali del soggetto nel corso della sua vita.

 

GLI EVENTI CRITICI E IL CAMBIAMENTO

Generalmente chi si rivolge al mio studio di Psicologa a Roma, lo fa in un momento in cui un equilibrio precedente si è incrinato portando a situazioni di sofferenza o disagio, quali: emozioni spiacevoli o dolorose pervasive, malessere o blocco nelle relazioni, confusione. Il disagio, sia esso francamente sintomatico o meno, solitamente insorge in concomitanza o a seguito di cambiamenti che, per essere affrontati in modo evolutivo e quindi non sintomatico, richiedono un’adeguata riorganizzazione, sia a livello individuale che familiare. Sono i cosiddetti eventi critici del ciclo evolutivo della famiglia: matrimonio, nascita del primo figlio, adolescenza, uscita di casa dei figli, separazione, pensionamento, licenziamenti, trasferimenti, malattie, lutti, etc.

Il corrispettivo nel contesto del sistema-scuola potrebbe essere: cambi nella dirigenza, pensionamento degli insegnanti, ingresso di nuovi alunni ad anno scolastico avviato, etc.

Quando questi passaggi non portano con sé quella riorganizzazione necessaria a progredire nel ciclo vitale che segna il percorso di crescita di ogni individuo e sistema, insorgono dei sintomi che possono essere di vario tipo: depressione, ansia, attacchi di panico, disturbi del comportamento alimentare, elevata conflittualità (per esempio di coppia), violenza domestica, difficoltà scolastiche, aggressività incontrollata, etc.

 

L’APPROCCIO SISTEMICO RELAZIONALE IN PSICOTERAPIA

Le persone che arrivano in terapia utilizzano spesso modelli comunicativi e relazionali disfunzionali e ripetitivi e sono portatori di una storia raccontata in modo rigido e a volte “povero”.

L'intervento terapeutico, attraverso un processo di co-costruzione tra terapeuta ed individuo/famiglia e partendo dall’osservazione delle modalità disfunzionali, mira a modificarle, stimolando le risorse familiari e rafforzando sia il funzionamento individuale che quello familiare.

La storia viene “ri-narrata” all’interno del percorso terapeutico, alla ricerca di significati nuovi (a partire dal significato del sintomo portato: quale messaggio comunicativo veicola e quale funzione svolge quindi nel sistema di appartenenza?) che sblocchino il percorso evolutivo, restituendo alle tre dimensioni temporali di passato, presente e futuro un miglior equilibrio.

Nella pratica clinica questo vuol dire dare spazio alla storia (della persona, della coppia e della famiglia), ma anche al “qui ed ora” delle relazioni, lavorando sulle connessioni presenti tra questi due livelli.

Tentando una estrema sintesi e generalizzazione, potrei dire che l’obiettivo dei miei interventi (siano essi clinici o formativi) è di aiutare le persone a mobilitare le proprie risorse per:

  • vivere in modo più sano, sereno e ricco le proprie relazioni (di coppia, familiari, di lavoro)
  • liberarsi, quando possibile, dal sintomo portato
  • proporsi in modo pro-attivo ed efficace nei propri contesti (es: insegnati con classi/bambini “difficili”)
  • trovare nuovi equilibri all’interno di organizzazioni familiari cambiate (es: separazione coniugale, uscita di casa dei figli)

In altre parole, l’obiettivo ultimo è consentire al sistema e ai suoi membri di riprendere il percorso evolutivo bloccato, progredire nella propria storia, grazie al “traghettamento” offerto dalla terapia.

PSICOLOGO SISTEMICO-RELAZIONALE A ROMA

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