Quando l’ambiente di lavoro diventa ostile: il Mobbing

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Cos’è il Mobbing?

Il termine mobbing  indica un insieme di comportamenti aggressivi, di natura psicofisica e verbale, esercitati da un gruppo di persone nei confronti di altri soggetti. Questo tipo di comportamento è stato studiato persino in etologia, per cui non avviene di rado, sia nel mondo animale che umano, che un gruppo, nello stesso ambiente, si coalizzi per mettere in difficoltà un singolo.

Il primo a parlare di questo fenomeno in ambito lavorativo fu lo psicologo tedesco Leyman, il quale lo definì come “terrore psicologico  che consiste in messaggi ostili e moralmente scorretti, diretti sistematicamente da uno o più individui verso un solo individuo, il quale a causa del perpetuarsi di tali azioni viene posto e mantenuto in una condizione di impotenza e incapacità di difendersi. Le azioni di mobbing si verificano molto frequentemente, almeno una volta la settimana, e per lungo tempo, almeno 6 mesi. A causa della frequenza e della lunga durata del componente ostile, questo maltrattamento produce uno stato di considerevole sofferenza sul piano mentale, psicosomatico e sociale”.

Caratteristiche del mobbing

Lo stesso Leyman individua quattro fasi del mobbing:

  • Il conflitto quotidiano: quasi fisiologico se viene risolto al nascere (riguarda infatti le normali manifestazioni espresse attraverso diverbi, competizione, etc.) ma se latente e quindi non espresso apertamente, diviene mobbing (almeno sei mesi);
  • stigmatizzazione: è la fase del terrore psicologico durante la quale le manifestazioni divengono quotidiane ed emerge palesemente il carattere di intenzionalità degli atti, è la fase in cui vengono definiti i ruoli: la vittima, il mobber e gli spettatori;
  • ufficialità della situazione: è il momento degli errori dell’amministrazione del personale, che cerca spiegazioni sul mobbizzato, che in quella fase ha iniziato ad accusare sintomi e malesseri, e non su fattori esterni che possono aver portato a subire la fase di persecutorietà;
  • allontanamento dal mondo del lavoro: è questa la fase dove si raggiunge l’obiettivo, ossia quello di allontanare definitivamente la vittima o per dimissioni o per licenziamento se non, come accade nei casi più gravi, per suicidio. In questa fase si verificano anche lunghi periodi di malattia, dovuti all’aggravarsi della sintomatologia già sviluppata nel periodo precedente.

In generale il mobbing può essere di due tipi: orizzontale, tra colleghi di pari grado, in cui la vittima viene isolata e distrutta in campo lavorativo e privato; verticale, che viene effettuato da un superiore o nel caso di un’intera azienda definito come bossing ed effettuato con lo scopo pianificato di indurre il dipendente alle dimissioni.

Tristemente noto, soprattutto attualmente, è il  mobbing sessuale, il quale rappresenta un particolare tipo di  comportamento vessatorio in cui la strategia utilizzata è a sfondo sessuale. Bisogna fare molta attenzione nel distinguere il mobbing sessuale dalle molestie sessuali, in questo caso infatti, l’individuo non è mosso esclusivamente da desiderio sessuale nei confronti dell’altro, spesso una donna, ma utilizza strategie a sfondo sessuale per allontanarla dall’ambiente lavorativo.

La vittima di mobbing

Svariate ricerche sostengono che non esiste una categoria di lavoratori più a rischio nel divenire vittima, chiunque potrebbe essere bersaglio di attacco da mobbing. Esistono, in realtà, fattori che favoriscono il fenomeno, ad esempio essere troppo passivi o troppo aggressivi nelle relazioni. Sotto questo aspetto gli eccessi, in entrambi i sensi, possono essere a rischio, quindi una potenziale vittima potrebbe essere il collega servile che vuole sempre far contento il capo, oppure colui che va d’accordo con tutti e può scatenare l’invidia degli altri. Difficile dunque, delineare il vero profilo di una vittima di mobbing, molto dipende anche dalle dinamiche ambientali e dalla caratteristiche degli individuo con cui si viene a contatto. 

Mobbing e danno da pregiudizio esistenziale: ci si può rivolgere a uno psicologo giuridico?

Il danno da pregiudizio esistenziale indica un danno che contempli un peggioramento della qualità della vita, riconducibile non alla salute psico-fisica ma, piuttosto, ai valori dell'esistenza del danneggiato. Si tratta, in altre parole, della compromissione, a seguito di un particolare evento traumatico, delle attività che realizzano la personalità dell'individuo, delle sue occasioni felici, della sua vita quotidiana.

Il danno da mobbing è un danno di natura esistenziale, che pregiudica la qualità di vita in sento lato della vittima e non ha nulla a che vedere con il diverso concetto di danno biologico da mobbing, che si riferisce invece a un danno alla salute, di valutazione specificamente medico-legale.

Quello che invece deriva sempre da una situazione mobbizzante è la modificazione della realtà concreta della vittima, derivante dai condizionamenti e dalle compressioni innescate dallo stress provocato dai comportamenti illeciti subiti. Certamente la vittima denuncerà un danno psichico che andrà poi comprovato con consulenze specialistiche che saranno volte ad analizzare i disturbi lamentati, il contesto lavorativo, il nesso causale, le responsabilità, l’esclusione di simulazione, ecc.

Per procedere ad una valutazione in tal senso sarà senz’altro indispensabile rivolgersi ad uno psicologo giuridico che possa, anche tramite l’utilizzo di test, oltre che di colloqui, arrivare a poter attestare che la vita del soggetto sia cambiata sotto gli aspetti sottolineati e possa anche diagnosticare un’eventuale patologia emersa a seguito del mobbing subito.

Se pensi di essere vittima di mobbing o per un confronto con i nostri psicologi giuridici a Roma, contattaci con fiducia, ti risponderemo immediatamente.

Dott.ssa Castellano Francesca Psicologa, Psicodiagnosta, Psicologa Giuridica e Psicoterapeuta

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